Storia
Situato alle pendici dell'Etna, il vulcano attivo più alto d'Europa, il Parco Paternò del Toscano si estende per circa tre ettari. Si caratterizza per la presenza di numerosi affioramenti lavici risalenti a un'antica colata lavica, che hanno permesso la creazione di spettacolari giardini rocciosi con, tra le altre essenze, Agavi, Yuccae e Dasylirion, Encephalartos in varietà.
Il forte dislivello fra le diverse zone del parco rappresenta uno dei motivi di maggiore suggestione. Il sistema degli antichi terrazzamenti in pietra lavica, infatti, pur rievocando la tradizione dei giardini d'agrumi e dei vigneti presenti in tutto il territorio etneo, è sfruttato per creare ambienti rigogliosi, in cui è inserita, con estrema naturalezza, una grande varietà di essenze, provenienti da tutto il mondo. Oreopanax dactylifolius (Messico), Chorisia speciosa (Sud America), Dracaena draco (Canarie, Capo Verde, Madeira), solo per citarne alcune, alcune specie introdotte in Italia dallo stesso proprietario (ad esempio Brachychiton rupestris, Australia).
E poi la grande passione del paesaggista Ettore Paternò del Toscano: le palme. Il parco ne ospita ben 42 varietà, dalle più comuni nell'area, come Chamaerops humilis (bacino del Mediterraneo), Phoenix canariensis (Isole Canarie) e Syagrus romanzoffianum (Brasile), alle più rare, come Phoenix rupicola (India), Livistona decipiens (Australia) e Trithrinax campestris (Argentina, Uruguay).
Il giardino è stato creato alla fine degli anni '50 e da allora è in continua evoluzione. L'ultima, in ordine cronologico, è la collezione di piante grasse, che comprende più di 30 varietà di esemplari. Nella parte centrale della proprietà si trova il bosco etneo: Quercus pubescens, Quercus ilex, Pistacia terebinthus e altre specie autoctone, che il progettista ha conservato a testimonianza dell'antica vocazione del luogo, alle quali ha voluto, però, accostare altre essenze che ben si integrassero: Cupressus sempervirens, Celtis australis, per coltivare e incrementare, come ha sempre amato fare nelle sue creazioni, la ricchezza e la diversità della vegetazione, sfruttando, come lui stesso dice, le immense capacità di accoglienza del clima siciliano.