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25 Giugno 2021
L'Orto dei record
Intervista a Barbara Baldan, Prefetto (direttrice) dell'Orto Botanico di Padova
A cura di Monica Lamberti
Dall'Orto Botanico di Padova, oggi patrimonio Unesco, nel 1545 è iniziata la storia degli Orti botanici d'Europa e del mondo. Quali sono state le figure alla direzione che hanno determinato la sua ascesa?
L'Orto Botanico di Padova, fondato nel 1545, fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta, per la coltivazione delle piante medicinali. Il primo “custode” dell'Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, vi fece introdurre e coltivare un gran numero di specie (circa 1800). I primi Prefetti si occuparono delle piante quasi esclusivamente da un punto di vista medico, in quanto sorgenti di medicamenti. Possiamo ricordare Prospero Alpini, prefetto dal 1603 al 1616. Sotto la sua prefettura l'Orto diventò un centro d'avanguardia, introducendo e coltivando alcune piante esotiche per le quali perfezionò la pratica dell'acclimatazione. Questa missione riferita alla medicina rimase praticamente invariata fino al XVIII secolo quando, sotto la prefettura di Pontedera, cominciò ad affermarsi, come nel resto dell'Europa, anche lo studio scientifico delle piante indipendentemente dalla loro eventuale utilità. Anche le collezioni dell'Orto Botanico si arricchirono di numerose piante il cui interesse era esclusivamente botanico; esse provenivano da varie parti del mondo e specialmente dai paesi dove la Repubblica di Venezia aveva possedimenti o dalle zone dove questa operava scambi commerciali. Roberto De Visiani prefetto dell'Orto dal 1836 al 1878: a lui si deve nel 1841 il primo tentativo riuscito di impollinazione della vaniglia nel territorio della Monarchia Austriaca. Per questo, il 27 aprile del 1843, alla 13° Esposizione di Vienna, la Imperiale e Reale Società di Orticultura assegnava il premio della grande Medaglia d'oro all'Orto botanico di Padova.
Pierandrea Saccardo fu Prefetto dal 1879 al 1915. Iniziò ad interessarsi di funghi lavorando proprio presso l'Orto Botanico patavino Ben presto la sua fama di esperto micologo si diffuse in tutto il mondo e d'ogni parte gli arrivavano funghi da osservare e classificare. In breve tempo divenne il punto di riferimento più importante della micologia italiana ed internazionale. Il lavoro che più gli diede fama e prestigio fu la Sylloge fungorum omnium hucusque cognitorum, un' opera in 25 volumi che raccoglie e classifica tutte le specie fungine conosciute a quel tempo, ben 78.316 diverse specie, corredate da una breve descrizione e disposte secondo classificazione sistematica.
Nei suoi quasi cinque secoli di attività, l'Orto patavino è testimone dell'evoluzione della botanica, da scienza applicata alla medicina a scienza pura, che si è via via venuta differenziando e articolando nelle numerose branche specialistiche attuali.
Come si sente a vestire i panni di Prefetto dell'Orto Botanico di Padova? Quali sono le difficoltà che si trova ad affrontare nella gestione di un bene pubblico?
E' un compito molto impegnativo perché ci si confronta continuamente con le diverse anime che ruotano intorno all'Orto: con l'Ateneo che promuove le attività di ricerca e di didattica, la comunicazione e la diffusione della cultura scientifica, il rapporto con il territorio e le istituzioni, il miglioramento continuo della struttura; con la realtà dei visitatori locale, nazionale e internazionale (circa il trenta per cento dei visitatori sono stranieri); con gli studenti del nostro Ateneo e delle scuole di ogni ordine e grado che ogni anno visitano l'Orto; con la storia di questo luogo e con la consapevolezza di essere un sito Unesco; con la rete nazionale e internazionale degli orti botanici; con il personale della struttura che con passione e competenza contribuisce a rendere speciale e sempre più attrattivo questo luogo.
E' senza dubbio difficile, una sfida continua non scevra da errori dai quali si può imparare, andando avanti e facendo del proprio meglio.
L'Orto Botanico di Padova è stato definito l'orto dei record: qui in appena tre anni è stato realizzato ex novo un Giardino della Biodiversità dedicato a tutte le piante del mondo, all'interno di una struttura di vetro e cemento che sfrutta le acque del comprensorio euganeo e l'energia del sole. Quali sono i prossimi investimenti in programma?
Un investimento importante nell'Orto cinquecentesco è la realizzazione, in vista dell'Ottocentenario della nostra Università nel 2022, di un Museo botanico e della Spezieria con un percorso che guiderà il visitatore in un viaggio nel mondo delle piante medicinali, e del loro uso fin dai tempi antichi, raccontando anche dei protagonisti che nei secoli hanno fatto la storia della botanica a Padova. L'offerta espositiva dell'Orto Botanico di Padova si arricchirà ulteriormente! Il perno del progetto sarà infatti l'allestimento multimediale e interattivo di una Spezieria ottocentesca e di una selezione dei reperti conservati nell'attuale Museo Botanico: fogli d'erbario, fogli d'algario, tavole botaniche storiche, collezione storica dei semi. Per la prima volta nella storia plurisecolare dell'Orto, il grande pubblico di ogni età potrà ammirare le collezioni botaniche patavine inserite in un allestimento coinvolgente, tecnologicamente avanzato, capace di esaltare il valore scientifico, storico ed estetico dei reperti.
Nel Giardino della Biodiversità dalla primavera 2022 la presenza della nuova caffetteria e bistro costituirà un'importante e attesa novità, che consentirà al pubblico di prolungare la permanenza e immergersi maggiormente nella pace che si respira in questo prezioso angolo verde in centro città. Per l'Orto sarà un miglioramento dal punto di vista della gestione perché potrà contare su un nuovo servizio per favorire la realizzazione di appuntamenti per il pubblico quali eventi culturali, meeting scientifici, manifestazioni, aperture serali straordinarie.
Un ulteriore investimento strutturale riguarda la costruzione, nell'area retrostante il Giardino della Biodiversità, di una serra di media grandezza (pronta per l'autunno) destinata al ricovero nel periodo invernale delle piante di grandi dimensioni, come ad esempio la collezione di Cycadales. Il progetto sarà completato dal restauro, nell'Orto antico, della serra delle orchidee e dall'allestimento di serre di propagazione nel cortile interno racchiuso dalle serre dell'Ottocento.
E in queste serre, appena restaurate, un investimento culturale porterà dal prossimo autunno, in collaborazione con Arte Sella, la mostra Post Naturalia di Kristof Kintera, che ci affascinerà con la sua originale commistione tra natura e tecnologia.
L'Orto Antico e il moderno Giardino della Biodiversità grazie a questi investimenti si integreranno ancor di più, a costituire un “ecosistema” tradizionale e innovativo allo stesso tempo, in centro città e alla portata di tutti.
Quando e per volere di chi la proprietà dell'Orto Botanico è passata all'Università di Padova?
Il professor Francesco Bonafede, docente che ricopriva la Cattedra di “Lettura dei semplici”, insieme agli studenti dello Studio Patavino nel 1543 dette il via ad una operazione per quei tempi estremamente avanzata. Chiese e ottenne che presso l'Università di Padova venisse istituito un Orto Botanico universitario (Hortus simplicium) esclusivamente dedicato alla coltivazione delle piante medicinali. Padova e la sua Università erano frequentate da studenti provenienti da varie parti d'Europa, e l'Orto Botanico, che sin dalla sua fondazione nel 1545 è proprietà dell'ateneo Patavino, ha esercitato una profonda influenza nell'ambiente scientifico nazionale ed europeo; esso divenne un punto di riferimento e un modello per l'istituzione di altri Orti Botanici europei.
Il collezionismo botanico fu determinante per poter studiare le piante e il loro habitat. Oggi come è cambiato l'approccio al loro studio?
Il collezionismo botanico (ma non solo) nasce in tempi antichi nel tentativo di osservare e descrivere la natura. Pian piano si fece strada l'idea che lo studio e l'osservazione dovessero essere svolti esplorando, ricercando in campo.
E' il momento delle spedizioni organizzate per esplorare terre, riportare reperti, esemplari di specie vegetali e animali; nascono istituzioni permanenti: orti botanici, biblioteche, musei, osservatori e laboratori. Inizia proprio nei laboratori ad affermarsi un nuovo modo di lavorare: l'osservazione, l'apprendere attraverso le collezioni non è più sufficiente, si elabora un metodo, quello attuale, che includa tutti i dati della conoscenza e soprattutto con dati che non siano solo qualitativi ma anche quantitativi.
Oggi le collezioni che si sono accumulate nel tempo non vanno considerate come magazzini polverosi ma piuttosto come basi in grado di produrre conoscenza e favorire lo sviluppo del sapere. E' iniziata, infatti, la riscoperta del valore e delle preziose informazioni che esse racchiudono: gli erbari ad esempio possono contenere esemplari risalenti ad alcuni secoli fa, testimonianza di com'era un determinato ambiente nel passato.
Utilizzando piccoli frammenti vegetali è possibile estrarre il DNA grazie al quale paragonare specie e generi diversi in studi sistematici e filogenetici. Ma gli erbari possono servire anche come documentazione di vecchie cultivar ora scomparse perché non più coltivate dall'uomo, come fonte di informazioni, che si sono perse nel tempo, di usi alimentari, medicinali, tessili tipici di determinate regioni o territori.
In che modo oggi l'Università favorisce la ricerca scientifica? Su quanti giovani ricercatori può contare l'Università e per loro l'Ateneo mette a disposizione delle borse di studio?
Il nostro Ateneo (circa 2100 professori e ricercatori) riconosce il ruolo fondamentale della ricerca, ne garantisce la piena libertà e ne promuove lo sviluppo utilizzando contributi pubblici e privati. Sono a disposizione per i giovani ricercatori finanziamenti locali, nazionali e internazionali oltre al supporto, da parte degli uffici di Ateneo, nella stesura e nella gestione amministrativa dei progetti. Un esempio per tutti è il bando Stars (Supporting Talent in ReSearch) attraverso il quale l'Ateneo promuove e incoraggia ricerche di elevato standard internazionale, innovative ed ambiziose, con l'obiettivo finale di potenziare la capacità di attrarre ulteriori finanziamenti competitivi esterni.
Anche l'aspetto comunicativo rispetto alle opportunità è molto curato dal nostro Ateneo, in modo che tutti possano essere a conoscenza delle numerose e differenziate fonti di finanziamento alla ricerca.
Ho tra le mani il magnifico volume “Hortus Mirabilis. Alla scoperta del più antico orto botanico del mondo”, edito nel 2017 da Rizzoli. Un volume che racconta la magia dell'Orto Botanico di Padova e ne illustra la bellezza artistica e architettonica congiunta alla meraviglia delle piante più belle, rare, esotiche, antiche e di quelle medicinali. Può raccontarci la genesi della sua stesura e il riscontro che ha avuto tra il pubblico? È prevista la pubblicazione in altre lingue?
La proposta della casa editrice ci ha subito convinto poiché sentivamo il bisogno di comunicare il sorprendente connubio tra l'Orto cinquecentesco e il moderno Giardino della Biodiversità in un dialogo che ha reso questo sito ancora più speciale. Lo staff editoriale ha “vissuto” per qualche tempo con noi, in un continuo confronto di idee, nella condivisione di testi, nella scelta delle immagini ottenendo un risultato che ha affascinato il pubblico e continua ad avere riscontri molto positivi. Il volume è già pubblicato in inglese per gli appassionati stranieri.
L'Orto Botanico di Padova è tra le attrazioni turistiche più visitate a Padova, dopo la Cappella degli Scrovegni. I proventi derivanti dagli ingressi a pagamento possono essere considerati rilevanti al fine del mantenimento del complesso?
Certamente sono rilevanti poiché i proventi vengono reinvestiti nelle diverse attività che si svolgono in orto: dalle attività didattico-divulgative (laboratori, visite, eventi, manifestazioni) alla conservazione, manutenzione e cura delle collezioni (potature, coltivazioni, sarchiature, lotta biologica, index seminum, ampliamento delle collezioni), alla manutenzione delle strutture architettoniche storiche e di quelle tecnologiche del Giardino della Biodiversità.
Lei come concilia il ruolo di studiosa insegnante, ricercatrice, direttrice dell'Orto Botanico di Padova, moglie e madre?
BB: Cerco di destreggiarmi passando senza sosta da uno all'altro dei compiti anche con il supporto di validi collaboratori in ambito lavorativo e con l'appoggio, in ambito familiare, di marito e figli ai quali spesso sono costretta a rubare tempo “famiglia” per far fronte agli impegni professionali. La mia più grande soddisfazione è riuscire in una giornata ad incastrare tutte le tessere del puzzle senza sbagliare e senza ritardi e ogni tanto riuscire a ritagliarmi del tempo per “recuperare”.
ML: Questa estate quale giardino del network le piacerebbe visitare e perché?
BB: La Mortella ad Ischia. Sono affascinata dalla storia di questo giardino fortemente voluto da William e Susana Walton e realizzato in parte dall'architetto paesaggista Russell Page e in parte da Lady Walton stessa. Penso che il giardino restituisca la profonda essenza spirituale e il patrimonio culturale dei Walton nell'armonia con la quale le circa 3000 specie di piante (alcune molto rare) convivono in uno dei più suggestivi scenari naturali italiani.
INFORMAZIONI
Orto Botanico di Padova - Via Orto Botanico, 15 - 35123 Padova - T. 049 8273939
A cura di Monica Lamberti
Dall'Orto Botanico di Padova, oggi patrimonio Unesco, nel 1545 è iniziata la storia degli Orti botanici d'Europa e del mondo. Quali sono state le figure alla direzione che hanno determinato la sua ascesa?
L'Orto Botanico di Padova, fondato nel 1545, fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta, per la coltivazione delle piante medicinali. Il primo “custode” dell'Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, vi fece introdurre e coltivare un gran numero di specie (circa 1800). I primi Prefetti si occuparono delle piante quasi esclusivamente da un punto di vista medico, in quanto sorgenti di medicamenti. Possiamo ricordare Prospero Alpini, prefetto dal 1603 al 1616. Sotto la sua prefettura l'Orto diventò un centro d'avanguardia, introducendo e coltivando alcune piante esotiche per le quali perfezionò la pratica dell'acclimatazione. Questa missione riferita alla medicina rimase praticamente invariata fino al XVIII secolo quando, sotto la prefettura di Pontedera, cominciò ad affermarsi, come nel resto dell'Europa, anche lo studio scientifico delle piante indipendentemente dalla loro eventuale utilità. Anche le collezioni dell'Orto Botanico si arricchirono di numerose piante il cui interesse era esclusivamente botanico; esse provenivano da varie parti del mondo e specialmente dai paesi dove la Repubblica di Venezia aveva possedimenti o dalle zone dove questa operava scambi commerciali. Roberto De Visiani prefetto dell'Orto dal 1836 al 1878: a lui si deve nel 1841 il primo tentativo riuscito di impollinazione della vaniglia nel territorio della Monarchia Austriaca. Per questo, il 27 aprile del 1843, alla 13° Esposizione di Vienna, la Imperiale e Reale Società di Orticultura assegnava il premio della grande Medaglia d'oro all'Orto botanico di Padova.
Pierandrea Saccardo fu Prefetto dal 1879 al 1915. Iniziò ad interessarsi di funghi lavorando proprio presso l'Orto Botanico patavino Ben presto la sua fama di esperto micologo si diffuse in tutto il mondo e d'ogni parte gli arrivavano funghi da osservare e classificare. In breve tempo divenne il punto di riferimento più importante della micologia italiana ed internazionale. Il lavoro che più gli diede fama e prestigio fu la Sylloge fungorum omnium hucusque cognitorum, un' opera in 25 volumi che raccoglie e classifica tutte le specie fungine conosciute a quel tempo, ben 78.316 diverse specie, corredate da una breve descrizione e disposte secondo classificazione sistematica.
Nei suoi quasi cinque secoli di attività, l'Orto patavino è testimone dell'evoluzione della botanica, da scienza applicata alla medicina a scienza pura, che si è via via venuta differenziando e articolando nelle numerose branche specialistiche attuali.
Come si sente a vestire i panni di Prefetto dell'Orto Botanico di Padova? Quali sono le difficoltà che si trova ad affrontare nella gestione di un bene pubblico?
E' un compito molto impegnativo perché ci si confronta continuamente con le diverse anime che ruotano intorno all'Orto: con l'Ateneo che promuove le attività di ricerca e di didattica, la comunicazione e la diffusione della cultura scientifica, il rapporto con il territorio e le istituzioni, il miglioramento continuo della struttura; con la realtà dei visitatori locale, nazionale e internazionale (circa il trenta per cento dei visitatori sono stranieri); con gli studenti del nostro Ateneo e delle scuole di ogni ordine e grado che ogni anno visitano l'Orto; con la storia di questo luogo e con la consapevolezza di essere un sito Unesco; con la rete nazionale e internazionale degli orti botanici; con il personale della struttura che con passione e competenza contribuisce a rendere speciale e sempre più attrattivo questo luogo.
E' senza dubbio difficile, una sfida continua non scevra da errori dai quali si può imparare, andando avanti e facendo del proprio meglio.
L'Orto Botanico di Padova è stato definito l'orto dei record: qui in appena tre anni è stato realizzato ex novo un Giardino della Biodiversità dedicato a tutte le piante del mondo, all'interno di una struttura di vetro e cemento che sfrutta le acque del comprensorio euganeo e l'energia del sole. Quali sono i prossimi investimenti in programma?
Un investimento importante nell'Orto cinquecentesco è la realizzazione, in vista dell'Ottocentenario della nostra Università nel 2022, di un Museo botanico e della Spezieria con un percorso che guiderà il visitatore in un viaggio nel mondo delle piante medicinali, e del loro uso fin dai tempi antichi, raccontando anche dei protagonisti che nei secoli hanno fatto la storia della botanica a Padova. L'offerta espositiva dell'Orto Botanico di Padova si arricchirà ulteriormente! Il perno del progetto sarà infatti l'allestimento multimediale e interattivo di una Spezieria ottocentesca e di una selezione dei reperti conservati nell'attuale Museo Botanico: fogli d'erbario, fogli d'algario, tavole botaniche storiche, collezione storica dei semi. Per la prima volta nella storia plurisecolare dell'Orto, il grande pubblico di ogni età potrà ammirare le collezioni botaniche patavine inserite in un allestimento coinvolgente, tecnologicamente avanzato, capace di esaltare il valore scientifico, storico ed estetico dei reperti.
Nel Giardino della Biodiversità dalla primavera 2022 la presenza della nuova caffetteria e bistro costituirà un'importante e attesa novità, che consentirà al pubblico di prolungare la permanenza e immergersi maggiormente nella pace che si respira in questo prezioso angolo verde in centro città. Per l'Orto sarà un miglioramento dal punto di vista della gestione perché potrà contare su un nuovo servizio per favorire la realizzazione di appuntamenti per il pubblico quali eventi culturali, meeting scientifici, manifestazioni, aperture serali straordinarie.
Un ulteriore investimento strutturale riguarda la costruzione, nell'area retrostante il Giardino della Biodiversità, di una serra di media grandezza (pronta per l'autunno) destinata al ricovero nel periodo invernale delle piante di grandi dimensioni, come ad esempio la collezione di Cycadales. Il progetto sarà completato dal restauro, nell'Orto antico, della serra delle orchidee e dall'allestimento di serre di propagazione nel cortile interno racchiuso dalle serre dell'Ottocento.
E in queste serre, appena restaurate, un investimento culturale porterà dal prossimo autunno, in collaborazione con Arte Sella, la mostra Post Naturalia di Kristof Kintera, che ci affascinerà con la sua originale commistione tra natura e tecnologia.
L'Orto Antico e il moderno Giardino della Biodiversità grazie a questi investimenti si integreranno ancor di più, a costituire un “ecosistema” tradizionale e innovativo allo stesso tempo, in centro città e alla portata di tutti.
Quando e per volere di chi la proprietà dell'Orto Botanico è passata all'Università di Padova?
Il professor Francesco Bonafede, docente che ricopriva la Cattedra di “Lettura dei semplici”, insieme agli studenti dello Studio Patavino nel 1543 dette il via ad una operazione per quei tempi estremamente avanzata. Chiese e ottenne che presso l'Università di Padova venisse istituito un Orto Botanico universitario (Hortus simplicium) esclusivamente dedicato alla coltivazione delle piante medicinali. Padova e la sua Università erano frequentate da studenti provenienti da varie parti d'Europa, e l'Orto Botanico, che sin dalla sua fondazione nel 1545 è proprietà dell'ateneo Patavino, ha esercitato una profonda influenza nell'ambiente scientifico nazionale ed europeo; esso divenne un punto di riferimento e un modello per l'istituzione di altri Orti Botanici europei.
Il collezionismo botanico fu determinante per poter studiare le piante e il loro habitat. Oggi come è cambiato l'approccio al loro studio?
Il collezionismo botanico (ma non solo) nasce in tempi antichi nel tentativo di osservare e descrivere la natura. Pian piano si fece strada l'idea che lo studio e l'osservazione dovessero essere svolti esplorando, ricercando in campo.
E' il momento delle spedizioni organizzate per esplorare terre, riportare reperti, esemplari di specie vegetali e animali; nascono istituzioni permanenti: orti botanici, biblioteche, musei, osservatori e laboratori. Inizia proprio nei laboratori ad affermarsi un nuovo modo di lavorare: l'osservazione, l'apprendere attraverso le collezioni non è più sufficiente, si elabora un metodo, quello attuale, che includa tutti i dati della conoscenza e soprattutto con dati che non siano solo qualitativi ma anche quantitativi.
Oggi le collezioni che si sono accumulate nel tempo non vanno considerate come magazzini polverosi ma piuttosto come basi in grado di produrre conoscenza e favorire lo sviluppo del sapere. E' iniziata, infatti, la riscoperta del valore e delle preziose informazioni che esse racchiudono: gli erbari ad esempio possono contenere esemplari risalenti ad alcuni secoli fa, testimonianza di com'era un determinato ambiente nel passato.
Utilizzando piccoli frammenti vegetali è possibile estrarre il DNA grazie al quale paragonare specie e generi diversi in studi sistematici e filogenetici. Ma gli erbari possono servire anche come documentazione di vecchie cultivar ora scomparse perché non più coltivate dall'uomo, come fonte di informazioni, che si sono perse nel tempo, di usi alimentari, medicinali, tessili tipici di determinate regioni o territori.
In che modo oggi l'Università favorisce la ricerca scientifica? Su quanti giovani ricercatori può contare l'Università e per loro l'Ateneo mette a disposizione delle borse di studio?
Il nostro Ateneo (circa 2100 professori e ricercatori) riconosce il ruolo fondamentale della ricerca, ne garantisce la piena libertà e ne promuove lo sviluppo utilizzando contributi pubblici e privati. Sono a disposizione per i giovani ricercatori finanziamenti locali, nazionali e internazionali oltre al supporto, da parte degli uffici di Ateneo, nella stesura e nella gestione amministrativa dei progetti. Un esempio per tutti è il bando Stars (Supporting Talent in ReSearch) attraverso il quale l'Ateneo promuove e incoraggia ricerche di elevato standard internazionale, innovative ed ambiziose, con l'obiettivo finale di potenziare la capacità di attrarre ulteriori finanziamenti competitivi esterni.
Anche l'aspetto comunicativo rispetto alle opportunità è molto curato dal nostro Ateneo, in modo che tutti possano essere a conoscenza delle numerose e differenziate fonti di finanziamento alla ricerca.
Ho tra le mani il magnifico volume “Hortus Mirabilis. Alla scoperta del più antico orto botanico del mondo”, edito nel 2017 da Rizzoli. Un volume che racconta la magia dell'Orto Botanico di Padova e ne illustra la bellezza artistica e architettonica congiunta alla meraviglia delle piante più belle, rare, esotiche, antiche e di quelle medicinali. Può raccontarci la genesi della sua stesura e il riscontro che ha avuto tra il pubblico? È prevista la pubblicazione in altre lingue?
La proposta della casa editrice ci ha subito convinto poiché sentivamo il bisogno di comunicare il sorprendente connubio tra l'Orto cinquecentesco e il moderno Giardino della Biodiversità in un dialogo che ha reso questo sito ancora più speciale. Lo staff editoriale ha “vissuto” per qualche tempo con noi, in un continuo confronto di idee, nella condivisione di testi, nella scelta delle immagini ottenendo un risultato che ha affascinato il pubblico e continua ad avere riscontri molto positivi. Il volume è già pubblicato in inglese per gli appassionati stranieri.
L'Orto Botanico di Padova è tra le attrazioni turistiche più visitate a Padova, dopo la Cappella degli Scrovegni. I proventi derivanti dagli ingressi a pagamento possono essere considerati rilevanti al fine del mantenimento del complesso?
Certamente sono rilevanti poiché i proventi vengono reinvestiti nelle diverse attività che si svolgono in orto: dalle attività didattico-divulgative (laboratori, visite, eventi, manifestazioni) alla conservazione, manutenzione e cura delle collezioni (potature, coltivazioni, sarchiature, lotta biologica, index seminum, ampliamento delle collezioni), alla manutenzione delle strutture architettoniche storiche e di quelle tecnologiche del Giardino della Biodiversità.
Lei come concilia il ruolo di studiosa insegnante, ricercatrice, direttrice dell'Orto Botanico di Padova, moglie e madre?
BB: Cerco di destreggiarmi passando senza sosta da uno all'altro dei compiti anche con il supporto di validi collaboratori in ambito lavorativo e con l'appoggio, in ambito familiare, di marito e figli ai quali spesso sono costretta a rubare tempo “famiglia” per far fronte agli impegni professionali. La mia più grande soddisfazione è riuscire in una giornata ad incastrare tutte le tessere del puzzle senza sbagliare e senza ritardi e ogni tanto riuscire a ritagliarmi del tempo per “recuperare”.
ML: Questa estate quale giardino del network le piacerebbe visitare e perché?
BB: La Mortella ad Ischia. Sono affascinata dalla storia di questo giardino fortemente voluto da William e Susana Walton e realizzato in parte dall'architetto paesaggista Russell Page e in parte da Lady Walton stessa. Penso che il giardino restituisca la profonda essenza spirituale e il patrimonio culturale dei Walton nell'armonia con la quale le circa 3000 specie di piante (alcune molto rare) convivono in uno dei più suggestivi scenari naturali italiani.
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Orto Botanico di Padova - Via Orto Botanico, 15 - 35123 Padova - T. 049 8273939
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Cos'è un'erbaccia? Un'erbaccia è una pianta le cui virtù non sono ancora state scoperte.- Ralph Waldo Emerson - |
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