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18 Maggio 2023
Delizie a Villa d'Este: un omaggio al mondo verde di Italo Calvino
In maggio tornano a splendere le rose a Villa D'Este a Tivoli, presenti qui già dalla sua creazione nel 1560. Annoverate tra le piante medicinali e presenti negli affreschi che adornano i saloni della Villa, le rose sono una chiara testimonianza della conoscenza botanica del rinascimento.
Nei rinnovati spazi del Teatro di Venere, morfologicamente posizionati sopra la celeberrima Fontana dell'Ovato, sono state piantate circa 100 delle oltre 1000 nuove piante provenienti da due eccellenze del vivaismo italiano: Vivaio Rose Barni di Pistoia e Vivaio Anna Peyron di Saskia Pellion di Persano (Castagneto Po, TO). Dal primo provengono splendidi esemplari di Rosa Gallica Centifolia e Rosa Yolande d'Aragon, mentre dal secondo una rampicante ''white night'', molte rose rugose e delle rose centifolia ''muscosa''.
La nuova collezione di rose, che andrà ad impreziosire il capolavoro rinascimentale di Pirro Ligorio, è stata realizzata per aggiungere colore e creare un percorso di profumi che accompagni il visitatore nella sua esplorazione del giardino. L'iniziativa fa parte del progetto Delizie estensi, fortemente voluto dal Direttore Andrea Bruciati, che prevede di far luce sulle collezioni floro-vivaistiche che hanno caratterizzato la dimora cardinalizia in passato, innervandole in nuovi racconti e percorsi, quest'anno all'insegna del mondo ariostesco di Italo Calvino.
Come per i giardini ferraresi cantati dall'Ariosto, il progetto Delizie estensi ripropone lo stupore della 'natura artificiata' della Villa, 'maraviglia' ora rinnovata dalle sensazioni stimolate da un ecosistema cangiante, forgiato qui da fioriture stagionali che si susseguono all'interno di uno spazio recuperato, inattivo da oltre cinquant'anni.
Se in pianta l'effetto d'insieme è di uno spazio precisamente misurabile dove i riferimenti spazio-temporali sono certi e oggettivi, l'esperienza di chi percorre il giardino è tutt'altra, poiché il visitatore è continuamente disorientato dalla molteplicità dei punti di vista, attratto dalla varietà dei giochi d'acqua, dalle sorprese e dagli inganni, sollecitato da un'infinità di sensazioni, suoni, colori, profumi, effetti di luce, riverberi e addirittura arcobaleni. Si entra in un mondo parallelo, sinestetico, in cui tutti i sensi vengono attivati in funzione di una esperienza olistica inedita, volta ad una ‘realtà aumentata'.
Lo smarrimento e lo stupore di fronte a tanti siffatti artifici, ad un dispositivo sapientemente organizzato per elaborare un clima di attesa e piacere, continuamente in tensione, è ben reso da un contemporaneo che registra: “Tu non sapresti in tanta varietà che cosa per primo ammirare. Ogni cosa di per sé attrae gli occhi dei visitatori e senza sazietà li trattengono e deliziano.” E nel riaggiornare la linea fantastica e favolistica ariostesca, di cui la Villa è matrice e custode unica, si pone quest'anno l'omaggio a Italo Calvino, egli stesso proveniente da una famiglia estremamente attiva e rivoluzionaria nel mondo floro-vivaistico, che nella leggerezza ha declinato la propria riflessione sull'utopia mancata all'uomo contemporaneo.
All'interno del giardino, soprattutto quello di Villa d'Este, come nelle Metamorfosi ovidiane, manca un centro narrativo ma si assiste ad una vettorialità policentrica, disseminata sui diversi punti che ingenerano continuamente diverse prospettive di veduta. Calvino nelle Lezioni americane, forse avendo bene in mente l'aspetto mutevole al variare delle stagioni e la morfogenesi del giardino stesso (non dimentichiamo che i genitori erano degli amanti del verde storico) parlò di ‘contiguità universale', di ‘indistinti confini' tra le forme – umane e non – che non sono che tenui involucri di una essenza comune suscettibile di perenne mutamento. Anche il registro della narrazione muta di continuo, grazie a una panoplia di espedienti retorici che mettono le varie vicende nelle prospettive più diverse. Ne risulta un qualcosa che ben si può applicare a Calvino stesso: in definitiva un perimetro 'anticlassico' o 'barocco' e che altri non esitano a chiamare 'post-moderno' dove nello specifico le diverse piantumazioni si valorizzano reciprocamente. Quale tributo all'intellettuale gli episodi che si susseguiranno, prenderanno la dicitura della sua trilogia cavalleresca, I nostri antenati, e daranno titolo e vita a tre diversi momenti.
Con Il visconte dimezzato, saranno le rose, a maggio, le vere protagoniste del ‘Teatro di Venere' con la presentazione della odorosa ‘rosa arsa estensis', mentre il successivo focus estivo dedicato a Il barone rampante troverà invece nell'elemento anfibio e umido la sua caratterizzazione; infine con l'autunno, e Il cavaliere inesistente, sarà la volta del ‘teatro di verzura', dove protagonisti saranno i colori degli alberi da frutto. Una stagionalità, nel pieno spirito della Villa, volta alla valorizzazione di aree del giardino misconosciute ai più, ora tutte da riscoprire.
Nei rinnovati spazi del Teatro di Venere, morfologicamente posizionati sopra la celeberrima Fontana dell'Ovato, sono state piantate circa 100 delle oltre 1000 nuove piante provenienti da due eccellenze del vivaismo italiano: Vivaio Rose Barni di Pistoia e Vivaio Anna Peyron di Saskia Pellion di Persano (Castagneto Po, TO). Dal primo provengono splendidi esemplari di Rosa Gallica Centifolia e Rosa Yolande d'Aragon, mentre dal secondo una rampicante ''white night'', molte rose rugose e delle rose centifolia ''muscosa''.
La nuova collezione di rose, che andrà ad impreziosire il capolavoro rinascimentale di Pirro Ligorio, è stata realizzata per aggiungere colore e creare un percorso di profumi che accompagni il visitatore nella sua esplorazione del giardino. L'iniziativa fa parte del progetto Delizie estensi, fortemente voluto dal Direttore Andrea Bruciati, che prevede di far luce sulle collezioni floro-vivaistiche che hanno caratterizzato la dimora cardinalizia in passato, innervandole in nuovi racconti e percorsi, quest'anno all'insegna del mondo ariostesco di Italo Calvino.
Come per i giardini ferraresi cantati dall'Ariosto, il progetto Delizie estensi ripropone lo stupore della 'natura artificiata' della Villa, 'maraviglia' ora rinnovata dalle sensazioni stimolate da un ecosistema cangiante, forgiato qui da fioriture stagionali che si susseguono all'interno di uno spazio recuperato, inattivo da oltre cinquant'anni.
Se in pianta l'effetto d'insieme è di uno spazio precisamente misurabile dove i riferimenti spazio-temporali sono certi e oggettivi, l'esperienza di chi percorre il giardino è tutt'altra, poiché il visitatore è continuamente disorientato dalla molteplicità dei punti di vista, attratto dalla varietà dei giochi d'acqua, dalle sorprese e dagli inganni, sollecitato da un'infinità di sensazioni, suoni, colori, profumi, effetti di luce, riverberi e addirittura arcobaleni. Si entra in un mondo parallelo, sinestetico, in cui tutti i sensi vengono attivati in funzione di una esperienza olistica inedita, volta ad una ‘realtà aumentata'.
Lo smarrimento e lo stupore di fronte a tanti siffatti artifici, ad un dispositivo sapientemente organizzato per elaborare un clima di attesa e piacere, continuamente in tensione, è ben reso da un contemporaneo che registra: “Tu non sapresti in tanta varietà che cosa per primo ammirare. Ogni cosa di per sé attrae gli occhi dei visitatori e senza sazietà li trattengono e deliziano.” E nel riaggiornare la linea fantastica e favolistica ariostesca, di cui la Villa è matrice e custode unica, si pone quest'anno l'omaggio a Italo Calvino, egli stesso proveniente da una famiglia estremamente attiva e rivoluzionaria nel mondo floro-vivaistico, che nella leggerezza ha declinato la propria riflessione sull'utopia mancata all'uomo contemporaneo.
All'interno del giardino, soprattutto quello di Villa d'Este, come nelle Metamorfosi ovidiane, manca un centro narrativo ma si assiste ad una vettorialità policentrica, disseminata sui diversi punti che ingenerano continuamente diverse prospettive di veduta. Calvino nelle Lezioni americane, forse avendo bene in mente l'aspetto mutevole al variare delle stagioni e la morfogenesi del giardino stesso (non dimentichiamo che i genitori erano degli amanti del verde storico) parlò di ‘contiguità universale', di ‘indistinti confini' tra le forme – umane e non – che non sono che tenui involucri di una essenza comune suscettibile di perenne mutamento. Anche il registro della narrazione muta di continuo, grazie a una panoplia di espedienti retorici che mettono le varie vicende nelle prospettive più diverse. Ne risulta un qualcosa che ben si può applicare a Calvino stesso: in definitiva un perimetro 'anticlassico' o 'barocco' e che altri non esitano a chiamare 'post-moderno' dove nello specifico le diverse piantumazioni si valorizzano reciprocamente. Quale tributo all'intellettuale gli episodi che si susseguiranno, prenderanno la dicitura della sua trilogia cavalleresca, I nostri antenati, e daranno titolo e vita a tre diversi momenti.
Con Il visconte dimezzato, saranno le rose, a maggio, le vere protagoniste del ‘Teatro di Venere' con la presentazione della odorosa ‘rosa arsa estensis', mentre il successivo focus estivo dedicato a Il barone rampante troverà invece nell'elemento anfibio e umido la sua caratterizzazione; infine con l'autunno, e Il cavaliere inesistente, sarà la volta del ‘teatro di verzura', dove protagonisti saranno i colori degli alberi da frutto. Una stagionalità, nel pieno spirito della Villa, volta alla valorizzazione di aree del giardino misconosciute ai più, ora tutte da riscoprire.
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L’odore subito ti dice senza sbagli quel che ti serve di sapere; non ci sono parole, né notizie più precise di quelle che riceve il naso.- Italo Calvino - |
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