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20 Ottobre 2022
Roberta Peverelli racconta Stefano Peverelli
Storia di un imprenditore di successo con un'attenzione particolare al territorio e al sociale
Cosa ha significato nascere in un'azienda che conta diverse generazioni di imprenditori? A chi, tra i vostri predecessori, si deve lo sviluppo più importante della Peverelli srl?
La Peverelli ha sempre avuto sin dalla fondazione nel 1890 una conduzione di tipo famigliare, i nostri avi erano giardinieri presso le ville patrizie del territorio comasco. Ereditarono l'attività fra le due guerre nostro nonno ed un fratello, che impressero una svolta acquistando i primi terreni a Fino Mornasco , dove insediarono il vivaio e si organizzarono con le prime squadre di operai che operavano ancora prevalentemente nei parchi privati. Il nonno mancò prematuramente e mio padre Gaetano insieme al cugino Lanfranco e in seguito con il fratello Giorgio sul finire degli anni 50, in pieno boom economico, diedero l'impulso definitivo. L'attività si rivolse anche all'ambito pubblico con le prime importanti commesse per le autostrade, gli interventi per le Case Popolari di Milano, i primi grandi parchi di Milano, sorti sulle ceneri delle grandi distruzioni belliche.
Qual è la vostra forza come azienda, il florovivaismo o la manutenzione dei giardini?
Nei primi anni Sessanta, per intuizione di nostro padre, si operò una grande ricomposizione fondiaria nel comune di Cirimido, riunendo in un'unica proprietà di 55 ettari di terreni molto fertili, sui quali si insediò il grande vivaio destinato alla coltivazione di piante d'alto fusto e collezioni di conifere nane. Con queste ultime, importate dall'Olanda dove mio padre andò a specializzarsi dopo il diploma, vennero creati numerosi giardini sulle rive del lago di Como, fortemente identitari. La produzione si evolse costantemente negli anni per aderire alle richieste del mercato, sino all'assetto attuale al quale Stefano ha dato grande contributo, con le prime coltivazioni di piante in air-pot, utilizzate per la realizzazione del Bosco Verticale e dell'area Expo di Milano. - È cresciuta con Stefano a Fino Mornasco, tra la Brianza e il Lago di Como, e fin da piccoli avete avuto l'opportunità di visitare magnifici giardini. Ce ne può indicare alcuni?
In realtà siamo cresciuti a Milano, dove i nostri genitori andarono a risiedere proprio nei primi anni Sessanta. Venne fondata una filiale locale dell'azienda per seguire le grandi commesse pubbliche, mentre la sede di Fino Mornasco rimase legata al settore privato. Ricordo invece le trasferte nel weekend che erano per noi figli motivo di svago e grande divertimento, con scorribande nei vivai insieme ai nostri cugini e non solo con le biciclette, ma spesso impossessandoci a insaputa dei nostri genitori, di qualsiasi mezzo: dalle auto dei tecnici, ai furgoni , ai trattori … Stefano , il maggiore fra noi, ci insegnò a guidarli molto precocemente! Conseguì anche il brevetto da elicotterista, di cui andava molto fiero. Molto spesso comunque il papà ci portava sulle rive del lago e rimasi molto impressionata dal parco di Villa Carlotta , di Villa Olmo e della Villa Mambretti , ora Villa Comunale di Fino Mornasco, dove il nonno aveva a lungo lavorato, interloquendo con l'illuminata proprietà, fornendo molti esemplari.
Che ruolo avevate lei e Stefano nell'azienda? Come vi siete divisi i compiti?
Mi sono formata al Politecnico di Milano e contemporaneamente ho seguito un corso privato di architettura dei giardini, poiché trent'anni fa l'ateneo non aveva corsi specialistici, e dopo un periodo di formazione presso alcuni studi di progettazione del paesaggio , ho iniziato ad occuparmi di questa divisione aziendale. Stefano studiò alla Scuola di Minoprio, come allievo interno, e fu per lui, ma anche per noi sorelle, un'esperienza dura, di sacrificio che ricordo molto bene: la domenica sera ritornava in collegio e per tutta la settimana non lo vedevamo, così come le sue vacanze estive erano ridotte ad un solo mese. I professori erano molto rigidi, sottolineando questo rilevante aspetto dell'attività florovivaistica, che trattando materiali vivi, va seguita per l'intero corso dell'anno. Stefano una volta diplomato venne immediatamente introdotto in azienda, come tecnico di cantiere e successivamente iniziò ad occuparsi anche del settore vivaistico. Recentemente ed in linea con il nuovo corso legislativo è stato responsabile della sicurezza delle aziende del gruppo , con un occhio molto attento al Welfare aziendale. - È stato facile il passaggio generazionale?
Stefano in particolare, prima di assumere ruoli dirigenziali e di responsabilità, ha fatto un percorso formativo affiancando nostro padre e nostro zio, pertanto il passaggio è stato molto graduale. Ricordo la sua esperienza come tecnico nella società del nostro gruppo che ha realizzato la bonifica dopo il disastro dell'Icmesa a Seveso, un ruolo di grande responsabilità e rischio che ha saputo gestire con grande professionalità. Nel periodo più recente è stato amministratore di Verdeambiente, la società di famiglia che opera nell'ambito del recupero dei rifiuti vegetali per la trasformazione in compost.
Com'è stata l'esperienza di Expo?
Innovativa sotto ogni profilo, in particolare in relazione alla fornitura dei materiali vegetali:siamo stati i primi in Italia a sottoscrivere un contratto di precoltivazione per i 5000 alberi che sono stati poi insediati nella famosa Moving Forest , posta intorno al sito Expo. Vennero predisposti appositi quadri, approntati per questa tipologia di coltivazione fuori terra, con impianto di fertirrigazione a goccia, virtuosa anche in termini di risparmi irrigui.
Qual è il progetto che ricorda di più suo fratello Stefano e perché?
Ed è proprio il grande cantiere di Expo quello che insieme a Stefano amavamo ricordare e del quale rimane una testimonianza tangibile anche presso il nostro vivaio e nel sito. E' tuttora ben visibile la Green Belt che lo circonda, fatta con esemplari fino a 10-12 metri di altezza, mentre presso il nostro grande vivaio giacciono ancora le scorte in sostituzione delle eventuali fallanze. La coltivazione in air-pot si è rivelata garante dell'attecchimento del 98% delle piante poste a dimora.
Stefano si occupo' della selezione, accompagnando i progettisti presso numerosi viva oltre al nostro, della rigorosa etichettatura e del serrato controllo di tutte le fasi della coltivazione attuato mediante schede periodicamente aggiornate, che riportavano traccia di tutti gli interventi agronomici posti in essere. Fu un'esperienza condivisa all'interno della nostra Family Company, che non si concluse con l'inaugurazione dell'evento, ma proseguì per tutto l'arco di apertura con le manutenzioni.
Stefano era impegnato nel sociale e soprattutto, in qualità di presidente della Fondazione Minoprio, si è dedicato a formare le nuove generazioni di operatori del verde. Qual era il suo rapporto con i giovani?
Stefano, appena maggiorenne, si dedicò al volontariato in Croce Verde a Milano, dove mi iscrisse, appena l'età me lo consentì, si può dire d'ufficio. Insieme condividemmo questa straordinaria esperienza di contatto umano per diversi anni. Credeva fortemente nel valore dell'associazionismo e si dedicò, fra le altre all'Arma dei Carabinieri, nella quale svolse il servizio militare, era radioamatore, e' stato consigliere nazionale in molte associazioni di categoria e ha ricoperto per alcuni mandati la carica di Presidente di Confagricoltura Como-Lecco , sempre sostenendo la necessità di agire in modo coeso e coordinato per incidere sulle decisioni governative e stimolando gli associati a partecipare attivamente alla vita dell'Associazione.
Ed è stato naturalmente socio della Associazione Ex-Allievi di Minoprio. La sua lunga esperienza a Minoprio si è conclusa ricoprendo la massima carica di Presidente della Fondazione: oltre all'impegno per il continuo sostegno alle attività formative, non da ultimo l'istituzione della figura dell'Ambasciatore del Verde e il corso per il Giardiniere d'Arte, si prodigò per promuovere l'attività del Mac, il laboratorio di analisi e certificazioni che ha sede sempre presso la Fondazione e non da ultimo, Minoprio essenze, azienda finalizzata alla coltivazione, trasformazione e distribuzione di erbe medicinali e aromatiche , volte all'ottenimento di prodotti officinali e nutraceutici per la medicina tradizionale e la cosmesi. Ponendo in ordine le sue carte ho trovato uno scritto che ben rappresenta il suo rapporto con i giovani e con i figli in particolare e riporto un estratto: «Esistono azioni possibili e molto concrete che consentono di mettere a terra le indicazioni astratte sulla sostenibilità, sono possibili azioni incisive a salvaguardia dell'ambiente, per la riduzione dei rifiuti e della co2, richiedono scelte politiche e investimenti economici, anche per l'agricoltura. I nostri figli mi piacerebbe trovassero il mondo migliore di quello che è ora».
Noi di Grandi Giardini Italiani ci ricorderemo sempre di Stefano come una persona autorevole e allo stesso tempo disponibile. Ci auguriamo che la sua eredità verrà colta in primis dai suoi figli ma anche dai nuovi allievi della Fondazione Minoprio.
La Peverelli ha sempre avuto sin dalla fondazione nel 1890 una conduzione di tipo famigliare, i nostri avi erano giardinieri presso le ville patrizie del territorio comasco. Ereditarono l'attività fra le due guerre nostro nonno ed un fratello, che impressero una svolta acquistando i primi terreni a Fino Mornasco , dove insediarono il vivaio e si organizzarono con le prime squadre di operai che operavano ancora prevalentemente nei parchi privati. Il nonno mancò prematuramente e mio padre Gaetano insieme al cugino Lanfranco e in seguito con il fratello Giorgio sul finire degli anni 50, in pieno boom economico, diedero l'impulso definitivo. L'attività si rivolse anche all'ambito pubblico con le prime importanti commesse per le autostrade, gli interventi per le Case Popolari di Milano, i primi grandi parchi di Milano, sorti sulle ceneri delle grandi distruzioni belliche.
Qual è la vostra forza come azienda, il florovivaismo o la manutenzione dei giardini?
Nei primi anni Sessanta, per intuizione di nostro padre, si operò una grande ricomposizione fondiaria nel comune di Cirimido, riunendo in un'unica proprietà di 55 ettari di terreni molto fertili, sui quali si insediò il grande vivaio destinato alla coltivazione di piante d'alto fusto e collezioni di conifere nane. Con queste ultime, importate dall'Olanda dove mio padre andò a specializzarsi dopo il diploma, vennero creati numerosi giardini sulle rive del lago di Como, fortemente identitari. La produzione si evolse costantemente negli anni per aderire alle richieste del mercato, sino all'assetto attuale al quale Stefano ha dato grande contributo, con le prime coltivazioni di piante in air-pot, utilizzate per la realizzazione del Bosco Verticale e dell'area Expo di Milano. - È cresciuta con Stefano a Fino Mornasco, tra la Brianza e il Lago di Como, e fin da piccoli avete avuto l'opportunità di visitare magnifici giardini. Ce ne può indicare alcuni?
In realtà siamo cresciuti a Milano, dove i nostri genitori andarono a risiedere proprio nei primi anni Sessanta. Venne fondata una filiale locale dell'azienda per seguire le grandi commesse pubbliche, mentre la sede di Fino Mornasco rimase legata al settore privato. Ricordo invece le trasferte nel weekend che erano per noi figli motivo di svago e grande divertimento, con scorribande nei vivai insieme ai nostri cugini e non solo con le biciclette, ma spesso impossessandoci a insaputa dei nostri genitori, di qualsiasi mezzo: dalle auto dei tecnici, ai furgoni , ai trattori … Stefano , il maggiore fra noi, ci insegnò a guidarli molto precocemente! Conseguì anche il brevetto da elicotterista, di cui andava molto fiero. Molto spesso comunque il papà ci portava sulle rive del lago e rimasi molto impressionata dal parco di Villa Carlotta , di Villa Olmo e della Villa Mambretti , ora Villa Comunale di Fino Mornasco, dove il nonno aveva a lungo lavorato, interloquendo con l'illuminata proprietà, fornendo molti esemplari.
Che ruolo avevate lei e Stefano nell'azienda? Come vi siete divisi i compiti?
Mi sono formata al Politecnico di Milano e contemporaneamente ho seguito un corso privato di architettura dei giardini, poiché trent'anni fa l'ateneo non aveva corsi specialistici, e dopo un periodo di formazione presso alcuni studi di progettazione del paesaggio , ho iniziato ad occuparmi di questa divisione aziendale. Stefano studiò alla Scuola di Minoprio, come allievo interno, e fu per lui, ma anche per noi sorelle, un'esperienza dura, di sacrificio che ricordo molto bene: la domenica sera ritornava in collegio e per tutta la settimana non lo vedevamo, così come le sue vacanze estive erano ridotte ad un solo mese. I professori erano molto rigidi, sottolineando questo rilevante aspetto dell'attività florovivaistica, che trattando materiali vivi, va seguita per l'intero corso dell'anno. Stefano una volta diplomato venne immediatamente introdotto in azienda, come tecnico di cantiere e successivamente iniziò ad occuparsi anche del settore vivaistico. Recentemente ed in linea con il nuovo corso legislativo è stato responsabile della sicurezza delle aziende del gruppo , con un occhio molto attento al Welfare aziendale. - È stato facile il passaggio generazionale?
Stefano in particolare, prima di assumere ruoli dirigenziali e di responsabilità, ha fatto un percorso formativo affiancando nostro padre e nostro zio, pertanto il passaggio è stato molto graduale. Ricordo la sua esperienza come tecnico nella società del nostro gruppo che ha realizzato la bonifica dopo il disastro dell'Icmesa a Seveso, un ruolo di grande responsabilità e rischio che ha saputo gestire con grande professionalità. Nel periodo più recente è stato amministratore di Verdeambiente, la società di famiglia che opera nell'ambito del recupero dei rifiuti vegetali per la trasformazione in compost.
Com'è stata l'esperienza di Expo?
Innovativa sotto ogni profilo, in particolare in relazione alla fornitura dei materiali vegetali:siamo stati i primi in Italia a sottoscrivere un contratto di precoltivazione per i 5000 alberi che sono stati poi insediati nella famosa Moving Forest , posta intorno al sito Expo. Vennero predisposti appositi quadri, approntati per questa tipologia di coltivazione fuori terra, con impianto di fertirrigazione a goccia, virtuosa anche in termini di risparmi irrigui.
Qual è il progetto che ricorda di più suo fratello Stefano e perché?
Ed è proprio il grande cantiere di Expo quello che insieme a Stefano amavamo ricordare e del quale rimane una testimonianza tangibile anche presso il nostro vivaio e nel sito. E' tuttora ben visibile la Green Belt che lo circonda, fatta con esemplari fino a 10-12 metri di altezza, mentre presso il nostro grande vivaio giacciono ancora le scorte in sostituzione delle eventuali fallanze. La coltivazione in air-pot si è rivelata garante dell'attecchimento del 98% delle piante poste a dimora.
Stefano si occupo' della selezione, accompagnando i progettisti presso numerosi viva oltre al nostro, della rigorosa etichettatura e del serrato controllo di tutte le fasi della coltivazione attuato mediante schede periodicamente aggiornate, che riportavano traccia di tutti gli interventi agronomici posti in essere. Fu un'esperienza condivisa all'interno della nostra Family Company, che non si concluse con l'inaugurazione dell'evento, ma proseguì per tutto l'arco di apertura con le manutenzioni.
Stefano era impegnato nel sociale e soprattutto, in qualità di presidente della Fondazione Minoprio, si è dedicato a formare le nuove generazioni di operatori del verde. Qual era il suo rapporto con i giovani?
Stefano, appena maggiorenne, si dedicò al volontariato in Croce Verde a Milano, dove mi iscrisse, appena l'età me lo consentì, si può dire d'ufficio. Insieme condividemmo questa straordinaria esperienza di contatto umano per diversi anni. Credeva fortemente nel valore dell'associazionismo e si dedicò, fra le altre all'Arma dei Carabinieri, nella quale svolse il servizio militare, era radioamatore, e' stato consigliere nazionale in molte associazioni di categoria e ha ricoperto per alcuni mandati la carica di Presidente di Confagricoltura Como-Lecco , sempre sostenendo la necessità di agire in modo coeso e coordinato per incidere sulle decisioni governative e stimolando gli associati a partecipare attivamente alla vita dell'Associazione.
Ed è stato naturalmente socio della Associazione Ex-Allievi di Minoprio. La sua lunga esperienza a Minoprio si è conclusa ricoprendo la massima carica di Presidente della Fondazione: oltre all'impegno per il continuo sostegno alle attività formative, non da ultimo l'istituzione della figura dell'Ambasciatore del Verde e il corso per il Giardiniere d'Arte, si prodigò per promuovere l'attività del Mac, il laboratorio di analisi e certificazioni che ha sede sempre presso la Fondazione e non da ultimo, Minoprio essenze, azienda finalizzata alla coltivazione, trasformazione e distribuzione di erbe medicinali e aromatiche , volte all'ottenimento di prodotti officinali e nutraceutici per la medicina tradizionale e la cosmesi. Ponendo in ordine le sue carte ho trovato uno scritto che ben rappresenta il suo rapporto con i giovani e con i figli in particolare e riporto un estratto: «Esistono azioni possibili e molto concrete che consentono di mettere a terra le indicazioni astratte sulla sostenibilità, sono possibili azioni incisive a salvaguardia dell'ambiente, per la riduzione dei rifiuti e della co2, richiedono scelte politiche e investimenti economici, anche per l'agricoltura. I nostri figli mi piacerebbe trovassero il mondo migliore di quello che è ora».
Noi di Grandi Giardini Italiani ci ricorderemo sempre di Stefano come una persona autorevole e allo stesso tempo disponibile. Ci auguriamo che la sua eredità verrà colta in primis dai suoi figli ma anche dai nuovi allievi della Fondazione Minoprio.
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I giardini sono una forma di autobiografia- Sydney Eddison - |
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