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10 Luglio 2020
Dialogo con l'architetto Chiara Adele Balsari
Monica Lamberti intervista l'architetto Chiara Adele Balsari
ML: Da figlia d'arte, la scelta di divenire architetto del paesaggio seguendo le orme di sua madre, Elena Balsari Berrone, è stata per lei naturale?
CAB: Quando mi sono iscritta ad Architettura a Milano e poi, dopo il primo anno a Genova, non pensavo di diventare un architetto paesaggista. Solo all'ultimo anno di Università ho iniziato a lavorare nello Studio di mia madre e subito mi sono appassionata al verde, ai giardini, all'architettura del paesaggio e a tutti i lavori che realizzava mia madre.
ML: Ai tempi dei suoi studi esisteva già un percorso universitario dedicato alla formazione di questa figura professionale o ha dovuto seguire diversi percorso di specializzazione?
CAB: L'anno che mi sono laureata è stato l'anno in cui iniziava a Genova il primo Corso di Specializzazione in Architettura del Paesaggio tenuto dalla Professoressa Annalisa Maniglio Calcagno, ma ho deciso di tornare a Milano e continuare a lavorare in Studio dove pensavo di imparare molto di più dalla esperienza diretta
ML: Quale fu il primo cliente che le commissionò un giardino?
CAB: Parecchi sono i giardini che ho seguito i primi anni in Studio, in tutta Italia, sempre insieme e sempre con una grande intesa progettuale e professionale con mia madre.
Se nei tuoi primi lavori sei guidato da un buon maestro ( o da una buona maestra come nel mio caso) non hai timori ma solo entusiasmo nell'affrontare temi completamente nuovi e risolvere problemi mai sperimentati.
ML: Guardando al giardino contemporaneo quali sono gli elementi in cui rivive il giardino all'italiana?
CAB: Il giardino all'italiana concettualmente è molto vicino al giardino contemporaneo perché disegnato su linee geometriche e rigorose divisioni degli spazi. La vegetazione invece è molto diversa da quella del giardino all'italiana: segue le mode e soprattutto risponde ad una offerta di nuove e più resistenti specie.
ML: Quando visita giardini aperti al pubblico qual è la mancanza che riscontra?
CAB: Si sa che la manutenzione dei giardini aperti al pubblico è la cosa più importante in assoluto, ma la manutenzione non basta da sola, non si tratta solo di tenere i tappeti erbosi in ordine e puliti , potare alberature e arbusti etc. Chi è addetto alla manutenzione deve conoscere e sapere molte cose riguardanti il giardino che cura: sulla specie e sulla storia singola di ogni pianta presente, sui i materiali di cui è composto il giardino e sulle idee progettuali e compositive di chi l'ha creato, sia esso il proprietario o il progettista. Solo così può curarlo e mantenerlo con passione, con rispetto e nel modo corretto. Molte volte si visitano giardini tenuti benissimo, ma “senza anima”.
ML: Le è mai capitato di progettare un giardino aperto al pubblico?
CAB: Il primo Parco Pubblico da noi progettato e realizzato a Milano, vicino al Naviglio Pavese, mi ha insegnato molte cose. Prima fra tutti la poca considerazione che quasi tutti gli operatori immobiliari e anche alcuni vivaisti hanno per il verde. Il verde è un obbligo che il Comune impone con i suoi “standard”, a cui bisogna dedicare il minor tempo e le minori risorse possibili. Sto parlando di parecchi anni fa, oggi le cose stanno per fortuna cambiando, anche se solo in parte.
ML: Quali sono le piante che predilige e perché?
CAB: Tutte le piante hanno una loro personale bellezza, io preferisco tra gli alberi quelli che si trasformano, che cambiano forma e colore durante le stagioni, piuttosto di quelle che rimangono sempre immobili e uguali a sé stesse
ML: Come è cambiata la committenza negli ultimi anni? Ha più clienti privati o pubblici?
CAB: Dopo tanti anni passati a soddisfare le esigenze della committenza privata ora preferisco realizzare sistemazioni a verde di cui tutti possano usufruire; certo è molto più complicata la progettazione di spazi pubblici, per le mille variabili e per i numerosissimi interlocutori che intervengono, ma, alla fine, l'opera realizzata per il pubblico è molto più appagante.
ML: Qual è il giardino del nostro network in cui le piacerebbe lavorare e perché?
CAB: Tutti i giardini del vostro Network sono meravigliosi, io ho una predilezione per i giardini del Sud, soprattutto quelli vicini al mare e con prevalenza di vegetazione mediterranea, ad esempio il Giardino della Mortella a ischia.
ML: Quanto è importante in un giardino disegnato da lei l'uso di piante autoctone?
CAB: Di solito nel progettare un giardino studio molto attentamente la flora esistente nel luogo e da essa prendo spunto nella scelta della vegetazione. Flora esistente non vuol dire sempre piante autoctone, ma spesso piante che si sono ben inserite nel paesaggio in cui si opera senza creare contrasti e attriti.
Nell'affrontare un progetto di un giardino tanti sono i temi che si presentano; primo fra tutti un attento e lungo studio del luogo e del paesaggio circostante, in tutti i suoi elementi, non solo della vegetazione. Sulla base di un accurato e completo rilievo del terreno sui cui si realizzerà il giardino si iniziano a mettere su carta tutte le idee di progetto. Il disegno del giardino, anzi i tanti disegni anche dei più piccoli dettagli sono importantissimi per la buona riuscita del progetto (non per altro il “nostro” libro si intitola “Giardini disegnati”).
Un disegno finale che è armonico, ben proporzionato e equilibrato non può che generare un bellissimo giardino.
ML: Per lei cosa si intende per ''giardino eco-sostenibile''?
CAB: Oggi in un giardino si devono contenere tutti gli sprechi, non solo di acqua ma anche di vegetazione che può riprodursi attraverso semenzai, talee, serre, come si è sempre usato nei giardini storici. La cura delle piante malate deve utilizzare sistemi naturali ed ecologici senza produrre continui inquinamenti. Anche l'uso dei materiali di arredo del giardino e dei contenitori per le piante deve essere assolutamente alternativo, senza utilizzo di plastica. Infine un giardino eco sostenibile deve poter sopravvivere anche in condizioni estreme con ottimi e ben studiati sistemi di recupero delle acque e di drenaggio.
ML: Da figlia d'arte, la scelta di divenire architetto del paesaggio seguendo le orme di sua madre, Elena Balsari Berrone, è stata per lei naturale?
CAB: Quando mi sono iscritta ad Architettura a Milano e poi, dopo il primo anno a Genova, non pensavo di diventare un architetto paesaggista. Solo all'ultimo anno di Università ho iniziato a lavorare nello Studio di mia madre e subito mi sono appassionata al verde, ai giardini, all'architettura del paesaggio e a tutti i lavori che realizzava mia madre.
ML: Ai tempi dei suoi studi esisteva già un percorso universitario dedicato alla formazione di questa figura professionale o ha dovuto seguire diversi percorso di specializzazione?
CAB: L'anno che mi sono laureata è stato l'anno in cui iniziava a Genova il primo Corso di Specializzazione in Architettura del Paesaggio tenuto dalla Professoressa Annalisa Maniglio Calcagno, ma ho deciso di tornare a Milano e continuare a lavorare in Studio dove pensavo di imparare molto di più dalla esperienza diretta
ML: Quale fu il primo cliente che le commissionò un giardino?
CAB: Parecchi sono i giardini che ho seguito i primi anni in Studio, in tutta Italia, sempre insieme e sempre con una grande intesa progettuale e professionale con mia madre.
Se nei tuoi primi lavori sei guidato da un buon maestro ( o da una buona maestra come nel mio caso) non hai timori ma solo entusiasmo nell'affrontare temi completamente nuovi e risolvere problemi mai sperimentati.
ML: Guardando al giardino contemporaneo quali sono gli elementi in cui rivive il giardino all'italiana?
CAB: Il giardino all'italiana concettualmente è molto vicino al giardino contemporaneo perché disegnato su linee geometriche e rigorose divisioni degli spazi. La vegetazione invece è molto diversa da quella del giardino all'italiana: segue le mode e soprattutto risponde ad una offerta di nuove e più resistenti specie.
ML: Quando visita giardini aperti al pubblico qual è la mancanza che riscontra?
CAB: Si sa che la manutenzione dei giardini aperti al pubblico è la cosa più importante in assoluto, ma la manutenzione non basta da sola, non si tratta solo di tenere i tappeti erbosi in ordine e puliti , potare alberature e arbusti etc. Chi è addetto alla manutenzione deve conoscere e sapere molte cose riguardanti il giardino che cura: sulla specie e sulla storia singola di ogni pianta presente, sui i materiali di cui è composto il giardino e sulle idee progettuali e compositive di chi l'ha creato, sia esso il proprietario o il progettista. Solo così può curarlo e mantenerlo con passione, con rispetto e nel modo corretto. Molte volte si visitano giardini tenuti benissimo, ma “senza anima”.
ML: Le è mai capitato di progettare un giardino aperto al pubblico?
CAB: Il primo Parco Pubblico da noi progettato e realizzato a Milano, vicino al Naviglio Pavese, mi ha insegnato molte cose. Prima fra tutti la poca considerazione che quasi tutti gli operatori immobiliari e anche alcuni vivaisti hanno per il verde. Il verde è un obbligo che il Comune impone con i suoi “standard”, a cui bisogna dedicare il minor tempo e le minori risorse possibili. Sto parlando di parecchi anni fa, oggi le cose stanno per fortuna cambiando, anche se solo in parte.
ML: Quali sono le piante che predilige e perché?
CAB: Tutte le piante hanno una loro personale bellezza, io preferisco tra gli alberi quelli che si trasformano, che cambiano forma e colore durante le stagioni, piuttosto di quelle che rimangono sempre immobili e uguali a sé stesse
ML: Come è cambiata la committenza negli ultimi anni? Ha più clienti privati o pubblici?
CAB: Dopo tanti anni passati a soddisfare le esigenze della committenza privata ora preferisco realizzare sistemazioni a verde di cui tutti possano usufruire; certo è molto più complicata la progettazione di spazi pubblici, per le mille variabili e per i numerosissimi interlocutori che intervengono, ma, alla fine, l'opera realizzata per il pubblico è molto più appagante.
ML: Qual è il giardino del nostro network in cui le piacerebbe lavorare e perché?
CAB: Tutti i giardini del vostro Network sono meravigliosi, io ho una predilezione per i giardini del Sud, soprattutto quelli vicini al mare e con prevalenza di vegetazione mediterranea, ad esempio il Giardino della Mortella a ischia.
ML: Quanto è importante in un giardino disegnato da lei l'uso di piante autoctone?
CAB: Di solito nel progettare un giardino studio molto attentamente la flora esistente nel luogo e da essa prendo spunto nella scelta della vegetazione. Flora esistente non vuol dire sempre piante autoctone, ma spesso piante che si sono ben inserite nel paesaggio in cui si opera senza creare contrasti e attriti.
Nell'affrontare un progetto di un giardino tanti sono i temi che si presentano; primo fra tutti un attento e lungo studio del luogo e del paesaggio circostante, in tutti i suoi elementi, non solo della vegetazione. Sulla base di un accurato e completo rilievo del terreno sui cui si realizzerà il giardino si iniziano a mettere su carta tutte le idee di progetto. Il disegno del giardino, anzi i tanti disegni anche dei più piccoli dettagli sono importantissimi per la buona riuscita del progetto (non per altro il “nostro” libro si intitola “Giardini disegnati”).
Un disegno finale che è armonico, ben proporzionato e equilibrato non può che generare un bellissimo giardino.
ML: Per lei cosa si intende per ''giardino eco-sostenibile''?
CAB: Oggi in un giardino si devono contenere tutti gli sprechi, non solo di acqua ma anche di vegetazione che può riprodursi attraverso semenzai, talee, serre, come si è sempre usato nei giardini storici. La cura delle piante malate deve utilizzare sistemi naturali ed ecologici senza produrre continui inquinamenti. Anche l'uso dei materiali di arredo del giardino e dei contenitori per le piante deve essere assolutamente alternativo, senza utilizzo di plastica. Infine un giardino eco sostenibile deve poter sopravvivere anche in condizioni estreme con ottimi e ben studiati sistemi di recupero delle acque e di drenaggio.
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I giardini sono una forma di autobiografia- Sydney Eddison - |
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