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2 Marzo 2018
I diversi volti del Castello di Miradolo
Intervista a Maria Luisa Cosso Eynard, Presidente Fondazione Cosso - Castello di Miradolo
M.L.: Perché una grande imprenditrice decide di diventare un'imprenditrice della cultura. Quali differenze, quali analogie ha osservato?
M.L.C.: Da persona amante della città di Pinerolo e delle sue innumerevoli risorse, storico-artistiche, paesaggistiche, ho sempre partecipato alla promozione di questo territorio con presenza attiva, sia nell'imprenditoria, sia nella Giunta e nel Consiglio Comunale della città. La prematura scomparsa, nel 1960, di mio padre e di mio fratello, quest'ultimo molto attivo nella vita culturale e sociale della città, aveva inoltre fatto nascere in me il desiderio di dare vita a una Fondazione che potesse ricordare il nome della mia famiglia e diffondere amore per la cultura e per la natura. Molti anni dopo, nel 2008, grazie all'aiuto di mia figlia Paola, si sono create le circostanze per concretizzare il mio sogno.
Nell'approcciarmi al mondo della cultura ho mantenuto i principi che hanno caratterizzato la mia attività imprenditoriale, fin dall'inizio: dare spazio alla ricerca e all'innovazione, perseguire la massima qualità in ogni fase del lavoro, investire nella formazione del personale, trasmettere i valori aziendali. Questa linea si è dimostrata vincente e mi ha sempre permesso di avere successo. Per un'imprenditrice esperta di componentistica auto, lavorare nel mondo della cultura ha significato affrontare nuove sfide, conoscere professionalità diverse, gestire le peculiarità e l'unicità di un prodotto culturale che va comunicato e promosso con grande cura.
M.L.: Quando, come e perché è nata la Fondazione Cosso?
M.L.C.: La Fondazione Cosso è nata nel 2008 per mettere a disposizione degli altri le esperienze di vita maturate. Da allora mia figlia Paola ed io lavoriamo nella meravigliosa cornice del Castello di Miradolo e del suo Parco storico, che sorgono a San Secondo di Pinerolo, in provincia di Torino. Ci siamo occupate personalmente del recupero dell'antica dimora e del Parco, che al nostro arrivo erano in condizione di totale abbandono, già da diversi anni. Il nostro desiderio era quello di creare un polo culturale sul territorio, rivolgendoci soprattutto ai giovani, alle famiglie, agli anziani, dando loro occasione e mezzi per esprimersi, per far sentire la propria voce, per discutere.
M.L.: Quali sono le diverse anime della Fondazione?
M.L.C.: La prima anima è quella che si lega all'arte: tra le attività svolte dalla Fondazione Cosso, una delle più considerevoli sin dalla nascita è stata quella espositiva. I progetti delle nostre mostre hanno sempre un'impronta sperimentale e di ricerca; per ogni esposizione curiamo ogni fase dell'organizzazione e proponiamo visite guidate, attività, laboratori e percorsi tematici di approfondimento, per i visitatori di ogni età.
Altra anima della Fondazione è la musica: dal 2009 il progetto artistico Avant-dernière pensée ha il suo centro di ricerca e sperimentazione al Castello di Miradolo, luogo in cui realizza installazioni d'arte e musicali che stabiliscono inediti legami tra discipline artistiche diverse, superano la tradizionale distanza tra pubblico e interpreti, e si plasmano sugli spazi della dimora e del suo Parco.
Accanto all'arte e alla musica, abbiamo molto lavorato sulla natura: dal 2017, dopo 10 anni di restauri, grazie al progetto “Invito al Parco” il Parco, che è finalmente tornato alla vita dall'abbandono in cui era caduto, viene raccontato in modo nuovo e coinvolgente, diverso in ogni stagione. Tra le altre iniziative, un audio racconto in cuffia presenta la storia del luogo, mettendo in luce le sue bellezze, in ogni momento dell'anno.
La Fondazione è molto attiva anche sul fronte della didattica e della formazione: le attività che dedichiamo alle scuole, così come quelle aperte alle famiglie, sono diversificate e l'offerta formativa è finalizzata a sviluppare la sensibilità verso l'arte, la musica, la natura e il vivere civile. Dal 2016 il “Progetto Ulisse”, rivolto alla Scuole Secondarie di II grado, coinvolge studenti tra i 14 e i 18 anni che frequentano i principali Istituti di Formazione Superiore della città di Pinerolo in un percorso di scoperta e di approfondimento, nell'ambito dell'Alternanza Scuola-Lavoro.
Nel corso degli anni abbiamo inoltre sviluppato collaborazioni con strutture sanitarie e ospedaliere in modo da porre arte, natura e musica alla base di progetti sociali di sostegno dei malati. La Fondazione, diversificando le sue linee di azione, cerca di offrire a quanti vogliano unirsi ai suoi progetti, una nuova realtà capace di far risaltare le potenzialità del territorio e nello stesso tempo mettere in luce le risorse che ne fanno parte.
M.L.: Cosa l'ha spinta a scegliere di lavorare con i giovani?
M.L.C.: Il loro grande valore e la convinzione che questo valore debba potersi esprimere in modo positivo e costruttivo. Combattere il male con il bene può essere l'espressione del nostro pensiero, perché solo creando interessi diversificati si può far conoscere quali strade, diverse dalle tradizionali, possono portare all'occupazione in mestieri oggi dimenticati o sottovalutati.
M.L.: In che stato era la proprietà nel momento in cui l'ha acquisita?
M.L.C.: Al momento del nostro arrivo il Castello e il Parco versavano in uno stato di grande abbandono: quando nel 2007 mia figlia ed io siamo state per la prima volta nel grande prato centrale siamo rimaste affascinate dalla bellezza del luogo, ma addolorate per le condizioni disastrose in cui era. Pur non avendo potuto vedere l'interno del Castello abbiamo deciso che si doveva fare qualcosa e da quel momento abbiamo cominciato a lavorare per restituire al territorio un'importante risorsa, troppo a lungo dimenticata.
Nel 1950, alla scomparsa della contessa Sofia di Bricherasio, ultima erede della famiglia, l'intera proprietà era passata in eredità a una congregazione religiosa che l'aveva trasformata in casa per ospitalità di anziani rovinando molto gi interni. Il Parco aveva subito gravi danni: antichi alberi erano stati abbattuti a fini commerciali e il progetto ottocentesco del giardino era quasi del tutto stravolto. Negli anni novanta del Novecento, poi, la congregazione religiosa aveva lasciato la proprietà, condannandola a lunghi anni di abbandono, furti e degrado.
Dal 2007, con il nostro intervento, il Parco ha goduto di accurati interventi di restauro con il desiderio di far rinascere quel giardino all'inglese, romatico e libero di esprimersi, che era stato progettato secoli prima come giardino capace di accogliere gli ospiti dell'antica dimora dei conti Cacherano di Bricherasio.
M.L.: Sin da subito aveva chiaro in mente la destinazione d'uso del Castello e del suo Parco?
M.L.C.: No, le idee erano tante ma andava studiata la giusta realizzazione. Poi, casualmente, abbiamo iniziato l'attività espositiva nel 2008, con la mostra “Delleani e il cenacolo di Sofia di Bricherasio”, esposizione inaugurale per la Fondazione Cosso, inserita in un circuito di mostre dedicate a Lorenzo Delleani nel centenario della morte, che si legava simbolicamente alla storia del luogo e dei suoi protagonisti. Sono state esposte opere della stessa contessa, del pittore Delleani, che spesso aveva soggiornato a Miradolo, delle sue allieve e di pittori amici.
Da lì in avanti, la strada da percorrere si è delineata poco alla volta, chiarendosi nelle nostre menti e nei nostri cuori con il trascorrere del tempo, fino a identificare la Fondazione come luogo d'eccellenza per la ricerca nel campo delle arti e polo culturale attivo con particolare riguardo alla didattica e alla formazione, orientate soprattutto ai giovani e alle famiglie, ai progetti sociali e alla promozione della conoscenza e del rispetto della natura.
In questo modo, in continuità con il suo passato, il Castello di Miradolo e il suo Parco sono tornati a essere un laboratorio di idee, rievocando il cenacolo che, tra Ottocento e Novecento, la contessa Sofia Cacherano di Bricherasio aveva saputo creare intorno a sé.
M.L.: È appena terminata la mostra di “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”: qual è il suo bilancio? Il vostro format “Da un metro in giù” ha avuto successo? Sarà utilizzato in altre mostre?
M.L.C.: La mostra ha rappresentato un'ottima occasione per promuovere l'arte e la musica presso i giovani, e questo è stato possibile anche grazie allo speciale allestimento didattico “Da un metro in giù”, che riproporremo in occasione delle prossime mostre. L'allestimento era pensato per dare ai bambini e alle famiglie la possibilità di passare del tempo insieme, alla scoperta dell'arte e della bellezza: pareti tattili, giochi e spunti di approfondimento erano disseminati in ciascuna delle sale. In aggiunta all'allestimento era stato ideato e realizzato appositamente per i bambini dai 3 agli 11 anni “Il gioco dell'arte”, un libretto didattico dedicato alla mostra, da compilare insieme a tutta la famiglia, per scoprire le opere esposte e divertirsi stimolando la fantasia.
I risultati raggiunti sono stati molto positivi, a cominciare dalla Giornata delle famiglie, voluta dalla Fondazione Cosso per domenica 4 febbraio, che ha portato al Castello di Miradolo oltre 500 persone e circa 150 famiglie con bambini, che hanno visitato gratuitamente la mostra. Le famiglie si sono confrontate con le opere esposte e con il racconto sviluppato appositamente per loro nelle sale.
M.L.: Quale parte del suo Parco predilige e perché?
M.L.C.: È difficile scegliere una parte, data la bellezza di ogni angolo. Forse posso parlarvi del bosco di bambù giganti, del canale che lo attraversa, delle bellissime ortensie storiche, proprio accanto. Lì provo un gran senso di pace e la mia mente torna alle scelte a suo tempo fatte dai progettisti e dai proprietari per creare collegamento con mondi lontani.
M.L.: “Invito al parco” è un progetto che nasce per far vivere al pubblico le suggestioni del suo memorabile passato. Com'è nato il progetto e cosa può raccontarci a riguardo?
M.L.C.: Il grande amore di mia figlia per la natura ha permesso, dopo 10 anni di intenso lavoro condotto dalla Fondazione Cosso, di recuperare il Parco del Castello di Miradolo e di restituirgli dignità dopo decenni di abbandono. Oggi il Parco è finalmente rinato e si presenta in una veste meravigliosa, in ciascuna delle quattro stagioni.
Il progetto “Invito al Parco” ci permette di presentare al visitatore la storia del luogo in modo inedito, attraverso nuovi supporti, con attenzione anche all'inclusività. Grande spazio ha il tema della stagionalità, che permette di mettere in luce le bellezze del luogo, e della natura in generale, in ogni momento dell'anno.
Un ricco calendario di attività come visite guidate tematiche, laboratori, approfondimenti e attività per ogni fascia d'età si sviluppa durante tutto l'anno; è stato ideato e realizzato un audio racconto stagionale che accompagna alla scoperta della storia del Parco con aneddoti e curiosità di questo luogo incantevole e con approfondimenti sulle specie più significative, gli angoli e gli scorci più suggestivi, diversi a seconda della stagione, per esaltare la bellezza della natura, tutto l'anno.
M.L.: Seguendo il ritmo delle stagioni cosa si ammira passeggiando nei viali del Parco del Castello?
M.L.C.: In primavera è incantevole la fioritura delle magnolie e delle camelie, oltre alla meraviglia delle nuove piccole foglie verde brillante; il sottobosco si copre di primule, crocus e violette e tutto il Parco si risveglia, con i suoi piccoli abitanti: minilepri, scoiattoli, cerbiatti, pettirossi e cinciallegre, solo per citarne alcuni.
Quando il clima muta e giungono veloci le calde giornate estive, il Parco è un luogo piacevole in cui trascorrere qualche ora lieta, all'ombra dei grandi alberi esotici e centenari. Nelle notti buie arrivano le lucciole a illuminare il giardino, come nel più magico degli scenari. Dal mese di giugno i colori delle ortensie ornano ogni angolo con la loro bellezza; l'acqua riprende a scorrere nei canali del Parco e tra le canne del bosco di bambù giganti.
Con il sopraggiungere dell'autunno il foliage conquista gli occhi e il cuore: la ginkgo biloba si tinge d'oro, i tassodi si imbruniscono, l'acero si infiamma, così come la quercia rossa. Il faggio rosso, l'ippocastano, il tiglio e il liriodendro si uniscono alla sinfonia di colori della stagione. Le foglie cadono dolcemente lungo i viali disegnando sentieri colorati che è bello attraversare per ascoltare il fruscio delle foglie sotto i piedi.
Con il sopraggiungere dell'inverno il Parco si trasforma e i grandi alberi tornano a essere protagonisti: è questo il momento dell'anno in cui è più facile osservarne l'architettura e scorgere le macchie di colore dei sempreverdi, sullo sfondo candido della neve.
M.L.: Qual è il suo sogno nel cassetto?
M.L.C.:Innanzi tutto fare del Parco e del Castello un punto di riferimento per giovani e meno giovani, un grande luogo di incontro, di accoglienza, di studio, di ricerca, di sperimentazione; sempre più un luogo di bellezza dove trovare cultura, condivisione e anche silenzio, per ritrovare un po' se stessi.
M.L.:Da quando fa parte di Grandi Giardini Italiani? Qual è la sua visione di fare rete in un paese in cui sembra molto difficile fare network?
M.L.C.: La Fondazione fa parte del network dal 2014. Pensiamo sia un'ottima occasione per confrontarci periodicamente con gli altri Grandi Giardini Italiani, condividere con loro le conoscenze e il saper fare, che ciascuna realtà declinerà poi a suo modo, a seconda delle proprie caratteristiche. Fare rete vuol dire collaborare e progettare insieme per promuovere i valori del rispetto della natura, dell'ecologia e della formazione in ambito botanico e naturalistico, per educare una società più rispettosa e amante della natura.
M.L.: Per chiudere, può raccontarci un aneddoto legato alla sua proprietà?
M.L.C.: Castello e Parco sono stati per lunghi anni abbandonati con grande dispiacere degli abitanti del luogo. Quando abbiamo iniziato i lavori di restauro abbiamo scoperto che negli anni precedenti c'era stata una sottoscrizione tra i residenti di Miradolo per raccogliere il denaro per l'acquisto. Purtroppo il denaro raccolto non era stato sufficiente ed era rimasto così l'incubo sia del degrado sia di una speculazione edilizia. Il nostro arrivo è stato quindi accolto con gioia.
M.L.: Perché una grande imprenditrice decide di diventare un'imprenditrice della cultura. Quali differenze, quali analogie ha osservato?
M.L.C.: Da persona amante della città di Pinerolo e delle sue innumerevoli risorse, storico-artistiche, paesaggistiche, ho sempre partecipato alla promozione di questo territorio con presenza attiva, sia nell'imprenditoria, sia nella Giunta e nel Consiglio Comunale della città. La prematura scomparsa, nel 1960, di mio padre e di mio fratello, quest'ultimo molto attivo nella vita culturale e sociale della città, aveva inoltre fatto nascere in me il desiderio di dare vita a una Fondazione che potesse ricordare il nome della mia famiglia e diffondere amore per la cultura e per la natura. Molti anni dopo, nel 2008, grazie all'aiuto di mia figlia Paola, si sono create le circostanze per concretizzare il mio sogno.
Nell'approcciarmi al mondo della cultura ho mantenuto i principi che hanno caratterizzato la mia attività imprenditoriale, fin dall'inizio: dare spazio alla ricerca e all'innovazione, perseguire la massima qualità in ogni fase del lavoro, investire nella formazione del personale, trasmettere i valori aziendali. Questa linea si è dimostrata vincente e mi ha sempre permesso di avere successo. Per un'imprenditrice esperta di componentistica auto, lavorare nel mondo della cultura ha significato affrontare nuove sfide, conoscere professionalità diverse, gestire le peculiarità e l'unicità di un prodotto culturale che va comunicato e promosso con grande cura.
M.L.: Quando, come e perché è nata la Fondazione Cosso?
M.L.C.: La Fondazione Cosso è nata nel 2008 per mettere a disposizione degli altri le esperienze di vita maturate. Da allora mia figlia Paola ed io lavoriamo nella meravigliosa cornice del Castello di Miradolo e del suo Parco storico, che sorgono a San Secondo di Pinerolo, in provincia di Torino. Ci siamo occupate personalmente del recupero dell'antica dimora e del Parco, che al nostro arrivo erano in condizione di totale abbandono, già da diversi anni. Il nostro desiderio era quello di creare un polo culturale sul territorio, rivolgendoci soprattutto ai giovani, alle famiglie, agli anziani, dando loro occasione e mezzi per esprimersi, per far sentire la propria voce, per discutere.
M.L.: Quali sono le diverse anime della Fondazione?
M.L.C.: La prima anima è quella che si lega all'arte: tra le attività svolte dalla Fondazione Cosso, una delle più considerevoli sin dalla nascita è stata quella espositiva. I progetti delle nostre mostre hanno sempre un'impronta sperimentale e di ricerca; per ogni esposizione curiamo ogni fase dell'organizzazione e proponiamo visite guidate, attività, laboratori e percorsi tematici di approfondimento, per i visitatori di ogni età.
Altra anima della Fondazione è la musica: dal 2009 il progetto artistico Avant-dernière pensée ha il suo centro di ricerca e sperimentazione al Castello di Miradolo, luogo in cui realizza installazioni d'arte e musicali che stabiliscono inediti legami tra discipline artistiche diverse, superano la tradizionale distanza tra pubblico e interpreti, e si plasmano sugli spazi della dimora e del suo Parco.
Accanto all'arte e alla musica, abbiamo molto lavorato sulla natura: dal 2017, dopo 10 anni di restauri, grazie al progetto “Invito al Parco” il Parco, che è finalmente tornato alla vita dall'abbandono in cui era caduto, viene raccontato in modo nuovo e coinvolgente, diverso in ogni stagione. Tra le altre iniziative, un audio racconto in cuffia presenta la storia del luogo, mettendo in luce le sue bellezze, in ogni momento dell'anno.
La Fondazione è molto attiva anche sul fronte della didattica e della formazione: le attività che dedichiamo alle scuole, così come quelle aperte alle famiglie, sono diversificate e l'offerta formativa è finalizzata a sviluppare la sensibilità verso l'arte, la musica, la natura e il vivere civile. Dal 2016 il “Progetto Ulisse”, rivolto alla Scuole Secondarie di II grado, coinvolge studenti tra i 14 e i 18 anni che frequentano i principali Istituti di Formazione Superiore della città di Pinerolo in un percorso di scoperta e di approfondimento, nell'ambito dell'Alternanza Scuola-Lavoro.
Nel corso degli anni abbiamo inoltre sviluppato collaborazioni con strutture sanitarie e ospedaliere in modo da porre arte, natura e musica alla base di progetti sociali di sostegno dei malati. La Fondazione, diversificando le sue linee di azione, cerca di offrire a quanti vogliano unirsi ai suoi progetti, una nuova realtà capace di far risaltare le potenzialità del territorio e nello stesso tempo mettere in luce le risorse che ne fanno parte.
M.L.: Cosa l'ha spinta a scegliere di lavorare con i giovani?
M.L.C.: Il loro grande valore e la convinzione che questo valore debba potersi esprimere in modo positivo e costruttivo. Combattere il male con il bene può essere l'espressione del nostro pensiero, perché solo creando interessi diversificati si può far conoscere quali strade, diverse dalle tradizionali, possono portare all'occupazione in mestieri oggi dimenticati o sottovalutati.
M.L.: In che stato era la proprietà nel momento in cui l'ha acquisita?
M.L.C.: Al momento del nostro arrivo il Castello e il Parco versavano in uno stato di grande abbandono: quando nel 2007 mia figlia ed io siamo state per la prima volta nel grande prato centrale siamo rimaste affascinate dalla bellezza del luogo, ma addolorate per le condizioni disastrose in cui era. Pur non avendo potuto vedere l'interno del Castello abbiamo deciso che si doveva fare qualcosa e da quel momento abbiamo cominciato a lavorare per restituire al territorio un'importante risorsa, troppo a lungo dimenticata.
Nel 1950, alla scomparsa della contessa Sofia di Bricherasio, ultima erede della famiglia, l'intera proprietà era passata in eredità a una congregazione religiosa che l'aveva trasformata in casa per ospitalità di anziani rovinando molto gi interni. Il Parco aveva subito gravi danni: antichi alberi erano stati abbattuti a fini commerciali e il progetto ottocentesco del giardino era quasi del tutto stravolto. Negli anni novanta del Novecento, poi, la congregazione religiosa aveva lasciato la proprietà, condannandola a lunghi anni di abbandono, furti e degrado.
Dal 2007, con il nostro intervento, il Parco ha goduto di accurati interventi di restauro con il desiderio di far rinascere quel giardino all'inglese, romatico e libero di esprimersi, che era stato progettato secoli prima come giardino capace di accogliere gli ospiti dell'antica dimora dei conti Cacherano di Bricherasio.
M.L.: Sin da subito aveva chiaro in mente la destinazione d'uso del Castello e del suo Parco?
M.L.C.: No, le idee erano tante ma andava studiata la giusta realizzazione. Poi, casualmente, abbiamo iniziato l'attività espositiva nel 2008, con la mostra “Delleani e il cenacolo di Sofia di Bricherasio”, esposizione inaugurale per la Fondazione Cosso, inserita in un circuito di mostre dedicate a Lorenzo Delleani nel centenario della morte, che si legava simbolicamente alla storia del luogo e dei suoi protagonisti. Sono state esposte opere della stessa contessa, del pittore Delleani, che spesso aveva soggiornato a Miradolo, delle sue allieve e di pittori amici.
Da lì in avanti, la strada da percorrere si è delineata poco alla volta, chiarendosi nelle nostre menti e nei nostri cuori con il trascorrere del tempo, fino a identificare la Fondazione come luogo d'eccellenza per la ricerca nel campo delle arti e polo culturale attivo con particolare riguardo alla didattica e alla formazione, orientate soprattutto ai giovani e alle famiglie, ai progetti sociali e alla promozione della conoscenza e del rispetto della natura.
In questo modo, in continuità con il suo passato, il Castello di Miradolo e il suo Parco sono tornati a essere un laboratorio di idee, rievocando il cenacolo che, tra Ottocento e Novecento, la contessa Sofia Cacherano di Bricherasio aveva saputo creare intorno a sé.
M.L.: È appena terminata la mostra di “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”: qual è il suo bilancio? Il vostro format “Da un metro in giù” ha avuto successo? Sarà utilizzato in altre mostre?
M.L.C.: La mostra ha rappresentato un'ottima occasione per promuovere l'arte e la musica presso i giovani, e questo è stato possibile anche grazie allo speciale allestimento didattico “Da un metro in giù”, che riproporremo in occasione delle prossime mostre. L'allestimento era pensato per dare ai bambini e alle famiglie la possibilità di passare del tempo insieme, alla scoperta dell'arte e della bellezza: pareti tattili, giochi e spunti di approfondimento erano disseminati in ciascuna delle sale. In aggiunta all'allestimento era stato ideato e realizzato appositamente per i bambini dai 3 agli 11 anni “Il gioco dell'arte”, un libretto didattico dedicato alla mostra, da compilare insieme a tutta la famiglia, per scoprire le opere esposte e divertirsi stimolando la fantasia.
I risultati raggiunti sono stati molto positivi, a cominciare dalla Giornata delle famiglie, voluta dalla Fondazione Cosso per domenica 4 febbraio, che ha portato al Castello di Miradolo oltre 500 persone e circa 150 famiglie con bambini, che hanno visitato gratuitamente la mostra. Le famiglie si sono confrontate con le opere esposte e con il racconto sviluppato appositamente per loro nelle sale.
M.L.: Quale parte del suo Parco predilige e perché?
M.L.C.: È difficile scegliere una parte, data la bellezza di ogni angolo. Forse posso parlarvi del bosco di bambù giganti, del canale che lo attraversa, delle bellissime ortensie storiche, proprio accanto. Lì provo un gran senso di pace e la mia mente torna alle scelte a suo tempo fatte dai progettisti e dai proprietari per creare collegamento con mondi lontani.
M.L.: “Invito al parco” è un progetto che nasce per far vivere al pubblico le suggestioni del suo memorabile passato. Com'è nato il progetto e cosa può raccontarci a riguardo?
M.L.C.: Il grande amore di mia figlia per la natura ha permesso, dopo 10 anni di intenso lavoro condotto dalla Fondazione Cosso, di recuperare il Parco del Castello di Miradolo e di restituirgli dignità dopo decenni di abbandono. Oggi il Parco è finalmente rinato e si presenta in una veste meravigliosa, in ciascuna delle quattro stagioni.
Il progetto “Invito al Parco” ci permette di presentare al visitatore la storia del luogo in modo inedito, attraverso nuovi supporti, con attenzione anche all'inclusività. Grande spazio ha il tema della stagionalità, che permette di mettere in luce le bellezze del luogo, e della natura in generale, in ogni momento dell'anno.
Un ricco calendario di attività come visite guidate tematiche, laboratori, approfondimenti e attività per ogni fascia d'età si sviluppa durante tutto l'anno; è stato ideato e realizzato un audio racconto stagionale che accompagna alla scoperta della storia del Parco con aneddoti e curiosità di questo luogo incantevole e con approfondimenti sulle specie più significative, gli angoli e gli scorci più suggestivi, diversi a seconda della stagione, per esaltare la bellezza della natura, tutto l'anno.
M.L.: Seguendo il ritmo delle stagioni cosa si ammira passeggiando nei viali del Parco del Castello?
M.L.C.: In primavera è incantevole la fioritura delle magnolie e delle camelie, oltre alla meraviglia delle nuove piccole foglie verde brillante; il sottobosco si copre di primule, crocus e violette e tutto il Parco si risveglia, con i suoi piccoli abitanti: minilepri, scoiattoli, cerbiatti, pettirossi e cinciallegre, solo per citarne alcuni.
Quando il clima muta e giungono veloci le calde giornate estive, il Parco è un luogo piacevole in cui trascorrere qualche ora lieta, all'ombra dei grandi alberi esotici e centenari. Nelle notti buie arrivano le lucciole a illuminare il giardino, come nel più magico degli scenari. Dal mese di giugno i colori delle ortensie ornano ogni angolo con la loro bellezza; l'acqua riprende a scorrere nei canali del Parco e tra le canne del bosco di bambù giganti.
Con il sopraggiungere dell'autunno il foliage conquista gli occhi e il cuore: la ginkgo biloba si tinge d'oro, i tassodi si imbruniscono, l'acero si infiamma, così come la quercia rossa. Il faggio rosso, l'ippocastano, il tiglio e il liriodendro si uniscono alla sinfonia di colori della stagione. Le foglie cadono dolcemente lungo i viali disegnando sentieri colorati che è bello attraversare per ascoltare il fruscio delle foglie sotto i piedi.
Con il sopraggiungere dell'inverno il Parco si trasforma e i grandi alberi tornano a essere protagonisti: è questo il momento dell'anno in cui è più facile osservarne l'architettura e scorgere le macchie di colore dei sempreverdi, sullo sfondo candido della neve.
M.L.: Qual è il suo sogno nel cassetto?
M.L.C.:Innanzi tutto fare del Parco e del Castello un punto di riferimento per giovani e meno giovani, un grande luogo di incontro, di accoglienza, di studio, di ricerca, di sperimentazione; sempre più un luogo di bellezza dove trovare cultura, condivisione e anche silenzio, per ritrovare un po' se stessi.
M.L.:Da quando fa parte di Grandi Giardini Italiani? Qual è la sua visione di fare rete in un paese in cui sembra molto difficile fare network?
M.L.C.: La Fondazione fa parte del network dal 2014. Pensiamo sia un'ottima occasione per confrontarci periodicamente con gli altri Grandi Giardini Italiani, condividere con loro le conoscenze e il saper fare, che ciascuna realtà declinerà poi a suo modo, a seconda delle proprie caratteristiche. Fare rete vuol dire collaborare e progettare insieme per promuovere i valori del rispetto della natura, dell'ecologia e della formazione in ambito botanico e naturalistico, per educare una società più rispettosa e amante della natura.
M.L.: Per chiudere, può raccontarci un aneddoto legato alla sua proprietà?
M.L.C.: Castello e Parco sono stati per lunghi anni abbandonati con grande dispiacere degli abitanti del luogo. Quando abbiamo iniziato i lavori di restauro abbiamo scoperto che negli anni precedenti c'era stata una sottoscrizione tra i residenti di Miradolo per raccogliere il denaro per l'acquisto. Purtroppo il denaro raccolto non era stato sufficiente ed era rimasto così l'incubo sia del degrado sia di una speculazione edilizia. Il nostro arrivo è stato quindi accolto con gioia.
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Quando la neve cade, la natura ascolta- Antoinette van Kleef - |
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