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12 Maggio 2017
Un giorno a Villa Arconati
Ho visitato Villa Arconati in una mattina uggiosa e fresca di primavera, ma nonostante la fitta coltre di nubi impediva ai raggi del sole di trapelare, la Villa troneggiava magnifica e fiera nel Parco delle Groane che orgogliosamente la cinge.
Visitare Villa Arconati significa immergersi nelle ville di delizie, così come definì Marco Antonio Dal Re la propria collezione di incisioni, ritraenti diverse ville suburbane milanesi del XVIII secolo, tra le quali spicca Villa Arconati per l'appunto, nate con l'intento di “deliziare” i nobili durante la stagione più calda.
Oltrepassato il cancello di ingresso il visitatore è libero di passeggiare nelle sale al pian terreno della Villa, che accoglie oggi la parte museale, e lo introduce alla sua storia e all'area dei laboratori “Toc Toc Lab” dedicati ai più piccoli. L'inverno appena lasciato alle nostre spalle ha consentito di intervenire sulle sale con un progetto di recupero strutturale al fine di fermare lo stato di degrado e di restituire la giusta cromia alle pareti, intervento che rientra nell'impegno più generale di recupero conservativo del bene che da anni la Fondazione Augusto Rancilio porta avanti. Qui si trova la gipsoteca, luogo dove era conservata nel seicento la collezione di gessi di Galeazzo Arconati che, a detta del Canova, era ricca di “opere di tal natura che sono quasi impossibili ai giorni nostri”.
Dallo Scalone d'Onore, affrescato per volere di Antonio Busca, cugino di Galeazzo Arconati e proprietario della Villa nell'ottocento, si accede al Piano Nobile della Villa. Allo stesso periodo dovrebbe risalire la statua del Laocoonte che domina l'ascensione al Salone dei Ricevimenti, la sala che collega le due ali della Villa, affrescata dai fratelli Galliari, i maggiori scenografi del Teatro Ducale di Milano e di altre ville lombarde, e chiamati al Castellazzo dal 1750 da Giuseppe Antonio Arconati.
Qui è rappresentato il mito di Fetonte come monito contro la superbia e ad attestazione della nobiltà reale, e non solo apparente, degli Arconati. La visita al Piano Nobile è consentita al pubblico solo in un percorso guidato da un abile cicerone che stanza dopo stanza svela la storia delle famiglie che si sono succedute al Castellazzo: dagli Arconati ai Busca fino a quando verso la metà del '900 la Villa giunge in eredità a donna Beatrice Crivelli che ne prese a cuore la sua conservazione, impegno che ad oggi porta avanti la Fondazione Augusto Rancilio che qui vi ha stabilito la sede dal 2011.
Dal “Salone dei Ricevimenti” si snodano le due ali della villa: a destra l'ala più antica già presente nel seicento, l'altra ampliata nel settecento mantenendo il gusto e il rigore formale della parte originaria.
Nell'ala a nord ovest si visita il “Salone delle donne”, la “Galleria”, la “Sala della Toeletta” con l'alcova e ancora la “Sala della Poesia”, preceduta da un'anticamera e dalla “Sala della Biblioteca”, che nel settecento è stata spostata al piano terra. L'altra, l'ala a sud ovest, è un succedersi di sale da giorno fino a raggiungere la splendida “Sala da ballo” le cui finestre si affacciano sui due ettari di parterre alla francese di recente recupero.
Libera è invece la visita agli oltre ai 12 ettari di giardino, la cui parte originaria è stata iniziata nel seicento con Galeazzo Arconati, proprietario di alcuni dei fogli del Codice Atlantico, in particolare quelli relativi all'idraulica. Sembra che siano stati utilizzati proprio questi fogli per la costruzione dei giochi d'acqua della Villa, che erano alimentati dalla grande Torre delle Acque, che sovrasta la Limonaia, e che funzionava con un meccanismo a “noria”: un cavallo movimentava una grande ruota generando una pressione tale da far salire l'acqua nella torre e poi per caduta irrorava le tubazioni in cotto che alimentavano i giochi d'acqua della villa, ma che purtroppo non sono giunte ai giorni nostri.
Il percorso si snoda poi lungo il viale centrale dominato dall'eleganza del giardino all'italiana in un connubio di architettura e verde che lascia incantati e che conduce fino al Teatro di Diana.
Da qui il giardino cambia aspetto si spoglia dei suoi formalismi e assume le caratteristiche del parco all'inglese, con i suoi dettami che danno la possibilità alla natura di esprimere la sua bellezza al di fuori degli schemi formali e apparire nelle sue linee più morbide. Un tempo qui si trovavano il casino di caccia e il serraglio, oggi troviamo invece un bosco prevalentemente di querce, attraversato da percorsi rettilinei, caratterizzato dalla presenza di un'antica voliera. Il percorso termina con la visita ai giardini alla francese, un vasto parterre a prato, suddiviso in due grandi settori delimitati da carpini topiati. Suggestivi i carpini sul viale centrale potati a “ballerine”, in una prospettiva che sembra unire idealmente l'interno, la Sala Ballo, con l'esterno, il magniloquente giardino alla francese.
Se oggi ho potuto passeggiare in questo parco e visitare l'elegante Villa è grazie all'importante lavoro di recupero che sta portando avanti la Fondazione Augusto Rancilio, dal 2000 a oggi, per rendere fruibile al pubblico l'intero complesso.
Monica Lamberti
Visitare Villa Arconati significa immergersi nelle ville di delizie, così come definì Marco Antonio Dal Re la propria collezione di incisioni, ritraenti diverse ville suburbane milanesi del XVIII secolo, tra le quali spicca Villa Arconati per l'appunto, nate con l'intento di “deliziare” i nobili durante la stagione più calda.
Oltrepassato il cancello di ingresso il visitatore è libero di passeggiare nelle sale al pian terreno della Villa, che accoglie oggi la parte museale, e lo introduce alla sua storia e all'area dei laboratori “Toc Toc Lab” dedicati ai più piccoli. L'inverno appena lasciato alle nostre spalle ha consentito di intervenire sulle sale con un progetto di recupero strutturale al fine di fermare lo stato di degrado e di restituire la giusta cromia alle pareti, intervento che rientra nell'impegno più generale di recupero conservativo del bene che da anni la Fondazione Augusto Rancilio porta avanti. Qui si trova la gipsoteca, luogo dove era conservata nel seicento la collezione di gessi di Galeazzo Arconati che, a detta del Canova, era ricca di “opere di tal natura che sono quasi impossibili ai giorni nostri”.
Dallo Scalone d'Onore, affrescato per volere di Antonio Busca, cugino di Galeazzo Arconati e proprietario della Villa nell'ottocento, si accede al Piano Nobile della Villa. Allo stesso periodo dovrebbe risalire la statua del Laocoonte che domina l'ascensione al Salone dei Ricevimenti, la sala che collega le due ali della Villa, affrescata dai fratelli Galliari, i maggiori scenografi del Teatro Ducale di Milano e di altre ville lombarde, e chiamati al Castellazzo dal 1750 da Giuseppe Antonio Arconati.
Qui è rappresentato il mito di Fetonte come monito contro la superbia e ad attestazione della nobiltà reale, e non solo apparente, degli Arconati. La visita al Piano Nobile è consentita al pubblico solo in un percorso guidato da un abile cicerone che stanza dopo stanza svela la storia delle famiglie che si sono succedute al Castellazzo: dagli Arconati ai Busca fino a quando verso la metà del '900 la Villa giunge in eredità a donna Beatrice Crivelli che ne prese a cuore la sua conservazione, impegno che ad oggi porta avanti la Fondazione Augusto Rancilio che qui vi ha stabilito la sede dal 2011.
Dal “Salone dei Ricevimenti” si snodano le due ali della villa: a destra l'ala più antica già presente nel seicento, l'altra ampliata nel settecento mantenendo il gusto e il rigore formale della parte originaria.
Nell'ala a nord ovest si visita il “Salone delle donne”, la “Galleria”, la “Sala della Toeletta” con l'alcova e ancora la “Sala della Poesia”, preceduta da un'anticamera e dalla “Sala della Biblioteca”, che nel settecento è stata spostata al piano terra. L'altra, l'ala a sud ovest, è un succedersi di sale da giorno fino a raggiungere la splendida “Sala da ballo” le cui finestre si affacciano sui due ettari di parterre alla francese di recente recupero.
Libera è invece la visita agli oltre ai 12 ettari di giardino, la cui parte originaria è stata iniziata nel seicento con Galeazzo Arconati, proprietario di alcuni dei fogli del Codice Atlantico, in particolare quelli relativi all'idraulica. Sembra che siano stati utilizzati proprio questi fogli per la costruzione dei giochi d'acqua della Villa, che erano alimentati dalla grande Torre delle Acque, che sovrasta la Limonaia, e che funzionava con un meccanismo a “noria”: un cavallo movimentava una grande ruota generando una pressione tale da far salire l'acqua nella torre e poi per caduta irrorava le tubazioni in cotto che alimentavano i giochi d'acqua della villa, ma che purtroppo non sono giunte ai giorni nostri.
Il percorso si snoda poi lungo il viale centrale dominato dall'eleganza del giardino all'italiana in un connubio di architettura e verde che lascia incantati e che conduce fino al Teatro di Diana.
Da qui il giardino cambia aspetto si spoglia dei suoi formalismi e assume le caratteristiche del parco all'inglese, con i suoi dettami che danno la possibilità alla natura di esprimere la sua bellezza al di fuori degli schemi formali e apparire nelle sue linee più morbide. Un tempo qui si trovavano il casino di caccia e il serraglio, oggi troviamo invece un bosco prevalentemente di querce, attraversato da percorsi rettilinei, caratterizzato dalla presenza di un'antica voliera. Il percorso termina con la visita ai giardini alla francese, un vasto parterre a prato, suddiviso in due grandi settori delimitati da carpini topiati. Suggestivi i carpini sul viale centrale potati a “ballerine”, in una prospettiva che sembra unire idealmente l'interno, la Sala Ballo, con l'esterno, il magniloquente giardino alla francese.
Se oggi ho potuto passeggiare in questo parco e visitare l'elegante Villa è grazie all'importante lavoro di recupero che sta portando avanti la Fondazione Augusto Rancilio, dal 2000 a oggi, per rendere fruibile al pubblico l'intero complesso.
Monica Lamberti
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Il cielo è sotto i nostri piedi e oltre le nostre teste- Henry David Thoreau - |
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