Tomaso Buzzi
Tomaso Buzzi (1900-1981), personaggio di grande cultura umanistica e letteraria, si distinse come uno dei principali designer del novecento italiano, architetto di giardini, restauratore e inventore, oltre che arredatore di importanti palazzi nobiliari. Fu professore per la cattedra di Disegno dal vero e arredamento al Politecnico di Milano, che divideva con Gio Ponti. Ebbe relazioni molto strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) ed iniziò ben presto con Gio Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estese dall'architettura, all'urbanistica, al design, alla partecipazione con articoli ed interventi alle pagine di “Domus”, la prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Buzzi fu uno dei protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni (come membro fondatore del Club degli Urbanisti partecipò ad esempio al famoso concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani); ebbe ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni nazionali ed internazionali sulle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell'Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport ecc.); tra i fondatori del Labirinto, ricoprì la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando attivamente con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rosso ed i principali artisti nel campo del vetro. La arti applicate costituiscono uno dei terreni privilegiati in cui si concretizza la fantasia creativa di Buzzi, che si occupò della progettazione di mobili, di ceramiche, di pizzi e merletti, lampade orologi ed ogni tipo di oggetti d'arredo. Disegnatore instancabile e grande conoscitore e collezionista di opere d'arte, egli seppe sempre accompagnare a questa veste colta una particolare attenzione al mondo. Nel 1956 decise di ritirarsi a vivere nel convento della Scarzuola. In quel luogo onirico, fuori dal tempo e dallo spazio, il personaggio con la cravatta calerà la maschera per far posto all'uomo nudo e puro, restituendo all'essenza la libertà del bambino e innalzando ad opera la follia del genio. Un punto corona segna il suo approccio, una sospensione eterna di incompiutezza, che non punta al finito ma all'infinito. Morirà nel 1981 lasciando incompiuta l'opera.