Cenni storici
Il Parco di Monza è uno dei più vasti parchi storici europei e il maggiore tra quelli cintati da mura. Si tratta di un parco paesaggistico, costituito da vaste aree a prato nella zona centrale, da una parte a giardino formale nelle adiacenze della Villa Reale (i Giardini Reali), appezzamenti agricoli in prossimità delle architetture rurali storiche ed estese superfici a bosco concentrate nell'area settentrionale e in quella meridionale, in corrispondenza del fiume Lambro. Il complesso residenziale viene definito nell'ultimo quarto del XVIII secolo, grazie al contributo di Ferdinando d'Asburgo, che segue personalmente i lavori affiancato dall'architetto Giuseppe Piermarini.
Il giardino, concepito secondo lo schema formale, vede l'aggiunta di una sezione sistemata secondo i canoni dei giardini ''all'inglese''. Nonostante l'impianto della sezione settentrionale sia innovativo, con la realizzazione del laghetto con grotta, il tempietto d'ispirazione classicista e l'organizzazione libera degli spazi verdi, nel progetto di Piermarini si coglie la rottura tra l'impianto geometrico del verde direttamente con- nesso alla villa e la naturalità del giardino di piacere.
Il nuovo progetto si prefigura a inizio Ottocento come uno tra i primi casi di giardino/parco/paesaggio aperto alle suggestioni provenienti d'Oltralpe. Il 14 settembre 1805, l'imperatore Bonaparte decreta la costruzione di un immenso parco, la cui progettazione viene affidata all'architetto Luigi Canonica. Il progetto è finalizzato a estendere la superficie del Parco, secondo consuetudini riscontrabili in altri siti europei, e ad assolvere funzioni di rappresentanza e svago, ma nel contempo decretati a luoghi produttivi ove applicare tecniche agronomiche ispirate all'esperienza inglese. Il sistema di cascine e architetture rurali e religiose preesistenti è quindi unificato attraverso una rete di percorsi impostata sulla centuriazione romana. Vanno inoltre ricordati i contributi dei giardinieri impiegati a Monza durante l'operato di Luigi Canonica: Luigi Villoresi, Giambattista Rossi e Giuseppe Manetti.