Testo di Giusi Galimberti
ph. Dario Fusaro
Questo è un anno speciale per i Giardini della Landriana, luogo poetico e unico che i romani appassionati di natura e botanica conoscono bene, perché questo parco visitabile si trova ad appena 35 chilometri dalla capitale, sul litorale laziale. Nel 2024 ricorrono infatti i 100 anni dalla nascita della sua creatrice, Lavinia Taverna (1924-1997), moglie del marchese Federico Gallarati Scotti dei principi di Molfetta, che insieme a lei comprò quella tenuta, allora abbandonata e brulla, a un'asta nel 1956.
«… Una mattina fredda e ventosa di dicembre, Fede e io entravamo nel Palazzaccio con una valigia piena di biglietti da diecimila lire. Andava all'Asta Giudiziaria un apprezzamento di terreno a Tor San Lorenzo. Ci aveva avvertito la sera prima il curatore. Eravamo stati a vedere la tenuta tanto tempo prima, ma allora i numerosi problemi del fallimento rendevano lontano e improbabile l'acquisto, tanto che non ci pensavamo più…».
A raccontare in prima persona, in modo caldo e quasi romantico, è la marchesa Lavinia nelle pagine del suo libro «Un giardino mediterraneo», edito nel 1982 nella celebre collana L'Ornitorinco di Rizzoli, diretta dal saggista, traduttore e maestro di giardinaggio Ippolito Pizzetti (1926-2007).
Il libro di Lavinia Taverna, rieditato da Pendragon, resta uno dei caposaldi della letteratura botanica, perché ha saputo descrivere come un giardino incolto e con tante problemi, per esempio la vicinanza al mare e i forti venti, possa diventare, grazie a un'immensa passione, uno dei parchi più ammirati d'Italia.
I Giardini della Landriana prendono il nome, reso al femminile, da Landriano, della nobile famiglia milanese dei Taverna. Come si apprende dagli Archivi di Stato, Francesco, gran cancelliere e primo conte di Landriano, seguì importanti missioni diplomatiche sotto la signoria sforzesca e durante il periodo di Carlo V. Nell'immaginario di Lavinia i giardini erano solo quelli storici e importanti del lago di Como, in particolare quello di Bellagio, dove era stata felice da bambina. Con le conifere, che più tardi divennero il suo amore e odio, che allungavano i rami placidi e secolari verso l'acqua.
Le piante, per Lavinia, erano solo quelle enormi che la guardavano, la proteggevano e le facevano ombra nei parchi frequentati con la sua famiglia da ragazza. Nulla che potesse svilupparsi in pochi anni e prendere forma in mezzo al nulla quasi in riva al mare. Così non pensò proprio a un giardino, quando cominciò a frequentare la tenuta.
«Conobbi la marchesa ai Giardini di Ninfa che ero una giovanissima guida e fu lei a spronarmi e a perseguire la mia carriera di botanica e paesaggista», spiega Alessandra Vinciguerra, ora direttrice dei Giardini La Mortella di Ischia e dal 1992 sovrintendente dei Giardini dell'American Academy a Roma, che nei primi anni 2000, dopo la morte di Lavinia Taverna, è stata consulente dei Giardini della Landriana. «Come donna innamorata del giardinaggio aveva grande fiducia nelle donne e ne aveva in me. Alla Landriana si era circondata di molte giovani giardiniere. A loro affidava i compiti più delicati, come quelli in serra: divisione delle piante, piccole potature dei fiori più delicati, le talee. Gli uomini si occupavano dei lavori più impegnativi dal punto di vista fisico».
ph. Dario Fusaro
Questo è un anno speciale per i Giardini della Landriana, luogo poetico e unico che i romani appassionati di natura e botanica conoscono bene, perché questo parco visitabile si trova ad appena 35 chilometri dalla capitale, sul litorale laziale. Nel 2024 ricorrono infatti i 100 anni dalla nascita della sua creatrice, Lavinia Taverna (1924-1997), moglie del marchese Federico Gallarati Scotti dei principi di Molfetta, che insieme a lei comprò quella tenuta, allora abbandonata e brulla, a un'asta nel 1956.
«… Una mattina fredda e ventosa di dicembre, Fede e io entravamo nel Palazzaccio con una valigia piena di biglietti da diecimila lire. Andava all'Asta Giudiziaria un apprezzamento di terreno a Tor San Lorenzo. Ci aveva avvertito la sera prima il curatore. Eravamo stati a vedere la tenuta tanto tempo prima, ma allora i numerosi problemi del fallimento rendevano lontano e improbabile l'acquisto, tanto che non ci pensavamo più…».
A raccontare in prima persona, in modo caldo e quasi romantico, è la marchesa Lavinia nelle pagine del suo libro «Un giardino mediterraneo», edito nel 1982 nella celebre collana L'Ornitorinco di Rizzoli, diretta dal saggista, traduttore e maestro di giardinaggio Ippolito Pizzetti (1926-2007).
Il libro di Lavinia Taverna, rieditato da Pendragon, resta uno dei caposaldi della letteratura botanica, perché ha saputo descrivere come un giardino incolto e con tante problemi, per esempio la vicinanza al mare e i forti venti, possa diventare, grazie a un'immensa passione, uno dei parchi più ammirati d'Italia.
I Giardini della Landriana prendono il nome, reso al femminile, da Landriano, della nobile famiglia milanese dei Taverna. Come si apprende dagli Archivi di Stato, Francesco, gran cancelliere e primo conte di Landriano, seguì importanti missioni diplomatiche sotto la signoria sforzesca e durante il periodo di Carlo V. Nell'immaginario di Lavinia i giardini erano solo quelli storici e importanti del lago di Como, in particolare quello di Bellagio, dove era stata felice da bambina. Con le conifere, che più tardi divennero il suo amore e odio, che allungavano i rami placidi e secolari verso l'acqua.
Le piante, per Lavinia, erano solo quelle enormi che la guardavano, la proteggevano e le facevano ombra nei parchi frequentati con la sua famiglia da ragazza. Nulla che potesse svilupparsi in pochi anni e prendere forma in mezzo al nulla quasi in riva al mare. Così non pensò proprio a un giardino, quando cominciò a frequentare la tenuta.
«Conobbi la marchesa ai Giardini di Ninfa che ero una giovanissima guida e fu lei a spronarmi e a perseguire la mia carriera di botanica e paesaggista», spiega Alessandra Vinciguerra, ora direttrice dei Giardini La Mortella di Ischia e dal 1992 sovrintendente dei Giardini dell'American Academy a Roma, che nei primi anni 2000, dopo la morte di Lavinia Taverna, è stata consulente dei Giardini della Landriana. «Come donna innamorata del giardinaggio aveva grande fiducia nelle donne e ne aveva in me. Alla Landriana si era circondata di molte giovani giardiniere. A loro affidava i compiti più delicati, come quelli in serra: divisione delle piante, piccole potature dei fiori più delicati, le talee. Gli uomini si occupavano dei lavori più impegnativi dal punto di vista fisico».