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15 Settembre 2021

La Vigna del Re

La rinascita della vigna della Reggia di Caserta

«I vini di questa contrada sono eccellenti così bianchi come rossi, e sono de' migliori del Regno, così per loro qualità, e natura, come per la grata sensazione che risvegliano nel palato. Vanno sotto il nome di Pallarelli, e sono stimatissimi ne' pranzi».
Così i Re di Napoli, tra i monarchi più importanti d'Europa, parlavano del vino Pallagrello, della vite omonima, che fecero piantare anche nei giardini della Reggia di Caserta, nel Bosco di San Silvestro, per poterlo produrre direttamente nelle «Reali Delizie». Tanto era il loro amore per il vino, che vollero nel Vitigno reale proprio il Pallagrello bianco e nero, come è conosciuto oggi. E se aveva degli ospiti prestigiosi, per fare bella figura, il re Ferdinando IV, gli donava proprio il Pallagrello, il dono più pregiato: il vino della «Vigna del Re». Caduto il Regno, morti i Re, la vigna della Reggia di Caserta nel Bosco di San Silvestro morì. Abbandonata dagli uomini e dal cielo.
Circa quattro anni fa la Reggia di Caserta, provando a far rivivere il monumento non solo come gigantesco museo, ma come palazzo vivente, riscoprì l'esistenza della Vigna della Reggia nel bosco di San Silvestro, accanto a quella più coreografica e nota del Ventaglio, e immediatamente provò a farla rivivere affidandola a un concessionario esterno, viticultore di qualità. Fu l'allora direttore, Mauro Felicori, a decidere che la Reggia doveva rivivere in tutte le sue funzioni, «ritornare a essere una casa vivente». La sfida era epocale.

La Reggia di Caserta, diretta oggi da Tiziana Maffei, è patrimonio dell'umanità, inserita nella lista tutelata dall'Unesco e le esperienze di vitigni in monumenti patrimonio Unesco si contano sulle dita di una sola mano. Quindi la scommessa della rinascita della Vigna della Reggia nel bosco di San Silvestro era una sfida culturale e sociale, ma anche burocratica. Una rivoluzione nei costumi della pubblica amministrazione che non doveva più conservare o al massimo tutelare, quando capitava, ma anche produrre.

«L'antica vigna borbonica torna a vivere grazie a questo ambizioso progetto di cui vedremo e assaporeremo presto i frutti – spiega il Direttore del Palazzo Reale di Caserta, Tiziana Maffei - La Reggia di Caserta, nata come massima rappresentazione di prestigio del nuovo regno di Carlo di Borbone, completata nella sua struttura dal Bosco di San Silvestro, così come molti dei siti reali borbonici è stata concepita come parte di un articolato sistema produttivo territoriale. Niente è stato lasciato al caso e la magnificenza di questo patrimonio culturale, storico e artistico è resa ancora più grande dal valore concreto che nel quotidiano aveva per la famiglia reale ma anche per tutti coloro che vivevano in questo territorio. Uno degli obiettivi del Complesso vanvitelliano è riconoscere questa importante eredità e valorizzarla, dando spazio alle possibilità creatrici insite in questi fertili luoghi, nello spirito proprio del museo contemporaneo che riconosce le potenzialità di un istituto sempre più al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile».

La sfida in pratica, dopo quattro anni, è stata vinta. Il concessionario, l'azienda vinicola «Tenuta Fontana», con sede nel paesino di Pietrelcina, nel Sannio, la patria di Padre Pio, ha riscoperto, piantato, curato amorevolmente, ogni giorno, la vite di Pallagrello, l'antico Piedimonte, e la vite pian piano è rinata. Divenendo Uva che nel prossimo settembre sarà per la prima volta vendemmiata. E' stata una sfida incredibile per l'azienda e per la Reggia, ma il Palazzo Reale di Caserta, l'unico al mondo ad affrontare questa avventura, ha vinto.

La vigna originaria era quella che serviva le tavole e la cantina reale e aveva un'estensione di circa cinque ettari, giusto di fronte alla Casina di San Silvestro, nel bosco omonimo. L'altra vigna reale conosciuta era quella del Ventaglio - chiamata così perché erano vigneti di uva diversa, in una vigna a forma di ventaglio – che aveva un valore più di rappresentanza, coreografico/monumentale. Nei secoli il bosco ha mangiato molto di questa estensione ed è rimasto solo un ettaro di terreno libero, proprio di fronte al cancello d'ingresso della Casina. Ed è proprio quell'ettaro che è stato affidato a Tenuta Fontana, che l'ha ripulito e rilanciato. «La previsione è di un migliaio di bottiglie prodotte, nella migliore delle ipotesi – spiegano Maria Pina e Antonio Fontana – Sarebbe già una grande conquista. Ma il nostro obiettivo principale era far rinascere la Vigna. E ci siamo riusciti. Siamo consci di quanto conti questo traguardo». Ad aiutarli, nel lavoro attento e difficile di rinascita della Vigna borbonica, due dei migliori professionisti sulla piazza nazionale: l'enologo fiorentino Francesco Bartoletti; e l'agronomo livornese Stefano Bartolomei. Prima di loro ci avevano provato in un sito Unesco, a ricreare un'antica vigna, nella mitica città romana sepolta dal Vesuvio: Pompei. Un primo concreto passo per far rivivere le reali delizie dei Re di Napoli.

La Vigna di San Silvestro presso la Reggia di Caserta

Superficie: 1,2 ha
Terreno: Franco Sabbioso
Vitigno coltivato: Pallagrello bianco e Pallagrello nero da selezione Massale
Portainnesto: 420 A
Sesto di Impianto: 2,50m x 0,80m

Brevi cenni sul Vitigno
Il vitigno Pallagrello viene coltivato nella regione Campania ed è molto diffuso nella provincia di Caserta, con varietà bacca bianca e a bacca nera, caratterizzato da grappoli piccoli e con acini perfettamente sferici, da cui il nome Pallagrello, cioè piccola palla, in dialetto locale “U Pallarel”.

Cenni Storici
Originario della località “Monticello” nel comune di Piedimonte Matese (origine attestata da un'epigrafe ancora apposta in questa località, realizzata per volere di Ferdinando IV di Borbone il quale impediva categoricamente ai non autorizzati di attraversare i 27 moggi di vigna di pallagrello), se ne hanno numerose risultanze storiche, riconducibili secondo alcuni addirittura alla Pilleolata romana. Famosissimo sino a tutto l'Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che
lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano, con il nome di “Piedimonte rosso” (dalla zona pedemontana del Matese da cui origina e dal nome del comune ove più consistente insiste la produzione: Piedimonte Matese, già Piedimonte d'Alife), tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi.
Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, assieme alla decadenza sociale e politica delle regioni meridionali (ed al contemporaneo sviluppo industriale dell'agricoltura e dell'enologia piemontese e toscana), ne decretarono una veloce scomparsa ed un sostanziale oblio nonostante le indubbie qualità ampelografiche. Rimaneva essenzialmente come uva da taglio nelle vigne dei contadini delle zone di produzione, sovente confuso con la Coda di Volpe o con cloni di Aglianico rinvenibili nell'area.
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La Vigna della Reggia di Caserta nel Bosco di San Silvestro

La sua bontà e fama lo hanno fatto diventare perciò anche il vitigno naturalmente destinato a essere coltivato per i sovrani nella Reggia di Caserta. Fu scelta come location il Bosco di San Silvestro, che dominava il Parco reale. La Vigna divenne subito la più importante per servire e rifornire le reali tavole della Reggia di Caserta. Ma la caduta del regno nelle mani dei Savoia con l'abbandono del palazzo reale fece naturalmente abbandonare anche la vite, che praticamente sparì. Dei cinque ettari
destinati a vigna nel Bosco di San Silvestro, quando Tenuta Fontana ha cominciato a recuperare il vigneto, solo un ettaro di terreno era rimasto libero per la coltivazione: il resto era stato tutto riconquistato dal bosco.
Aspetti legati alla futura Vinificazione presso Tenuta Fontana.
Il progetto legato alla rinascita della vigna di San Silvestro passa attraverso la massima valorizzazione del Vitigno protagonista di questo percorso.
Per ottenere questo scopo e avere una corretta maturazione del vino è stata scelta l'anfora di Terracotta come contenitore per l'affinamento del Pallagrello bianco e rosso, al fine di ottenere una maturazione del vino senza interferenze da parte del contenitore e mantenere intatte le caratteristiche organolettiche del Vitigno.
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