Grandi Giardini Italiani Srl

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Italy

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13 Novembre 2020

Musei chiusi, mente aperta

Monica Lamberti intervista Claudia Zola, Presidente della Fondazione Paolo e Carolina Zani per l'Arte e la Cultura (Cellatica, BS)

ML: Come è nata la collezione di Paolo e Carolina Zani?
CZ: La collezione Zani nasce in una casa privata verso la fine degli anni'80, più precisamente nel 1988, quando Paolo Zani, che non aveva una particolare formazione storico-artistica, inizia a comprare dei mobili di un certo pregio. Paolo Zani andrà poi con gli anni a raffinare il suo gusto, sulla base di un suo percorso molto personale che lo vede indirizzarsi verso il Settecento, il Barocco, Venezia, Roma e la Francia e che lo porterà ad acquistare – questo a detta soprattutto di uno storico dell'arte dello spessore di Alvar González-Palacios – non più solo mobilio, da cui era partito, ma oggetti d'arte. Per cui ecco forse la peculiarità di questa collezione è proprio la ricchezza di oggetti che raramente si trovano così numerosi in una casa privata.
Per cui la collezione nasce dal suo gusto, dalla voglia di bellezza, non per investimento, questo lo amava ripetere. Non intendeva l'oggetto d'arte come rifugio, ma lo prendeva in considerazione per assecondare un suo desiderio di appoggiare gli occhi su qualcosa di bello, di vedere una parete della casa allestita con una certa armonia, con dei colori. Il tutto costruito in modo personale, autonomo, senza particolari suggerimenti. Così nasce dal 1988 in poi come collezione vissuta in modo molto famigliare - così come racconta anche il nostro catalogo - molto riservata, personale, specchio del carattere di Paolo Zani stesso, che per molti appariva addirittura un po' ritroso nei confronti della vita sociale, dell'apparire, manifestando una sorta di idiosincrasia nei confronti dell'apparire. Ad un certo punto, però, ha capito che se voleva evitare la dispersione di un lavoro così immenso, di ore, tempo e denaro, e di questi oggetti che apparivano così equilibrati dentro le 11 stanze, doveva bloccare tutto, congelare tutto dentro una Fondazione rendendo i suoi oggetti preziosi inalienabili, pur mantenendo uno spirito di generosità verso gli altri, perché il godimento personale di cui aveva fruito, desiderava rivolgerlo anche agli altri con la consapevolezza che il “bello” può fare molto bene a tutti.

ML: Ad oggi la Fondazione continua ad arricchire il già ricco lascito di opere ereditato?
CZ: Le rispondo con un NO categorico, nel senso che oggi abbiamo un logo-deposito ma un tempo Paolo Zani non disponeva di questo spazio per accumulare opere non esposte. Per cui oggi come oggi il nostro obiettivo è studiare, catalogare, approfondire, ma non investire in nuovi oggetti a meno che non ci sia l'occasione straordinaria che diventa quasi ineludibile perché a completamento di qualche opera già presente nella casa. Per oggi l'imperativo è fermarci e studiare ciò che abbiamo.

ML: In qualità di presidente della Fondazione qual è il suo ruolo principale? Come si svolge una sua giornata tipo?
CZ: Il mio ruolo principale è quello di un Presidente che si pone in un rapporto dialogico, positivo e costruttivo con il Direttore, il dottor Massimiliano Capella, con il quale il mio dialogo è continuo perché questa Casa Museo viva con una programmazione articolata e vicina ai desideri di Paolo Zani. La mia giornata tipo è quella di mantenermi quotidianamente aggiornata su proposte culturali anche di altri musei e sostenere con grande entusiasmo la progettazione didattica avendo io lavorato per oltre 40 anni nel mondo della scuola. La mia giornata è spesa nell'impegno di far si che l'ideale di questo luogo rimanga in linea con i desideri di chi l'ha fondato.

ML: Per il suo sviluppo la Fondazione può contare su contributi statali?
CZ: No, non ci avvaliamo di contributi statali, semmai collaboriamo in sinergia con altre Fondazioni e Associazioni. Per esempio, per i prossimi siamo coinvolti in una partnership con la Fondazione Brescia Musei, con altre Case-Museo, con il territorio, però no, non riceviamo contributi statali.

ML: Come avete vissuto il tempo del lockdown e nel momento della ripartenza quali investimenti avete dovuto fare per assicurare la sicurezza ai visitatori?
CZ: Premetto che i nostri ingressi erano già contingentati perché la nostra è una Casa Museo, più casa che museo, pertanto priva di percorsi liberi. Dopo il periodo di lockdown abbiamo ripreso con le nostre consuete visite guidate a piccoli gruppi di max 10 persone che possono fruire in estrema sicurezza anche dei piccoli passaggi della casa. Il primo lockdown ha colto tutti un po' impreparati, tra l'altro noi avevamo inaugurato da pochi giorni la nostra Casa Museo. Abbiamo dunque sfruttato al meglio quelle settimane per concludere il lavoro di schedatura delle opere della collezione. Questo nuovo periodo ci sta invece servendo per progettare momenti di attrazione sicura per il pubblico all'interno della casa al fine di fruire magari di un'opera d'arte particolare o dello stesso giardino, e ancora per studio, catalogazione, inventario. La nostra ultima newsletter è proprio intitolata “Musei chiusi, mente aperta” nel senso che ci inventiamo percorsi nuovi per fare scoprire un domani ai visitatori anche opere meno note, parte di un corpus di milleduecento oggetti d'arte che costituiscono la collezione.

ML: La Casa Museo, un elegante edificio moderno, è abbracciata da un rigoglioso giardino di oltre 2000 metri quadrati. Com'è percepito dal visitatore questo spazio? È apprezzato, secondo Lei, al pari della Casa Museo?
CZ: Premetto che il giardino presenta aspetti diversi a seconda delle stagioni. Sicuramente la Primavera e l'Estate sono i momenti più godibili, anche per la mitezza del clima, però devo dire che il giardino è assolutamente integrato all'abitazione: ovvero si entra e si esce dall'abitazione da un percorso nel giardino. Un giardino che non è un parco, un giardino che ospita un Ninfeo, creato da una piscina, con piante acquatiche e carpe giapponesi koi. Secondo me il visitatore lo apprezza molto, lo apprezza proprio perché è accogliente, perché è un piccolo spazio godibile in ogni parte molto ben curato, perché ogni essenza è stata scelta, così come ogni mobile e oggetto, da Paolo Zani e fiorisce in tempi diversi. Ci sono dei bellissimi scorci sia in entrata sia in uscita che il visitatore, con mia grande sorpresa, si sofferma a fotografare alla fine della visita.

ML: Se dovesse dare un consiglio di visita agli amici dei Grandi Giardini Italiani quale sala consiglierebbe di non perdere e perché?
CZ: Per il visitatore, seppur accompagnato da una guida molto esperta, è pur sempre la visita di una casa privata. Per quanto mi riguarda io consiglierei di soffermarsi, anche se è estremamente dispersiva, nel Salone dell'Ottagono, la sala dove è esposto il meraviglioso tavolo in pietra dura, la raccolta dei coralli, la raccolta dei vedutisti da Bellotto a Guardi, con le Commode e le sedie veneziane, con il “Bacco e Arianna” di Tiepolo ecc. Ecco io la consiglio perché entrando in questa stanza, che è sicuramente la più grande della casa, si rimane travolti da una serie di oggetti, che non sempre si riesce a visualizzare nella bellezza del singolo pezzo. Però suggerisco anche di non dimenticarsi di altri angoli della casa, come la nicchia dove sta quel meraviglioso mobile blu romano in lacca, nel passaggio tra l'ingresso e la sala da pranzo. La nicchia è l'unico spazio del percorso progettato ai fini museali: è infatti l'unico punto che Paolo Zani ha creato immaginando la sua casa non più come casa ma come Museo. Questo accadeva nella primavera del 2018, pochi mesi prima della sua scomparsa. Ecco, questi sono i due luoghi che ho nel cuore e che vorrei che il visitatore non perdesse.

ML: Quale angolo del giardino, invece, secondo Lei merita di essere visitato con particolare attenzione?
CZ: Il giardino è costellato da oggetti preziosi: da un pozzo fiorentino del Cinquecento ad una fontana lombarda del Settecento, c'è un altro pozzo lombardo molto interessante un po' nascosto dalle agavi, e ancora il cancello di una villa veneziana, che è poi il cancello carrabile che, secondo me, non viene osservato e guardato con giusta attenzione. Io amo in particolare modo la zona della Serra. Da quando poi abbiamo dovuto abbattere un grande albero, dal Ninfeo guardando la Serra, si apre uno scorcio meraviglioso, con una parete verde cromatica che sfuma, non solo in Autunno, nei colori del giallo e del rosso e alla cui sinistra si staglia il prezioso pozzo toscano del Cinquecento.

ML: Può condividere con noi un progetto della Fondazione per il prossimo anno?
CZ: Stiamo lavorando ad un progetto legato ad un quadro che attualmente si trova in biglietteria. È una natura morta del Seicento con tre vasi ed un'esplosione di fiori. Stiamo progettando, giacché il dipinto si presenta come un'esplosione di colori, una serie di convegni, di lavori, ma anche di giornate aperte in giardino. L'idea è di rendere il quadro protagonista innanzitutto spostandolo dalla biglietteria in un luogo più adeguato che abbiamo già individuato in una stanza all'interno del percorso museale che veniva usata come guardaroba. In secondo luogo, completare la schedatura dei fiori ritratti, che vanno dall'Appennino Toscano all'Olanda passando per la Spagna.

ML: Quale proprietà del network Grandi Giardini Italiani le piacerebbe visitare e perché?
CZ: Mi piacerebbe visitarne moltissime, molte ne ho visitate, ma in particolare mi attirano i Giardini della Landriana, vicino Roma. Mi piace molto questo giardino, i suoi scorci, per la sua questa presenza di acqua, di fiori e di siepi in libertà, ma controllate anche dall'uomo dentro le aiuole.


In Copertina:
Fondazione Paolo e Carolina Zani,
©Massimo Listri,
Archivio Grandi Giardini Italiani

Ci sono sempre fiori per chi vuole vederli.

- Henri Matisse -

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