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8 Maggio 2020
Rinascita
Mai come ora, lentamente riaffacciandoci alla vita dopo due mesi di isolamento forzato, ci accorgiamo di quanto l'aria libera e il verde siano indispensabili alla nostra esistenza. Per chi è stato segregato in un piccolo appartamento privo di qualsivoglia sfogo verso l'esterno – un minuscolo balcone o una finestra aperta su un viale urbano alberato – è arrivato il momento di riconoscere un'esigenza sino ad ora negata in nome di una visione distorta della civiltà, del “moderno”, del benessere. La pandemia ha insegnato che gli alberi, i parchi, i fiori ci servono per scandire le stagioni, nutrire lo sguardo di bellezza, ritrovare la pace interiore e il benessere fisico. I sentieri nella vegetazione, dove l'aria è più pulita e il fragore urbano è lontano, ci invitano a fare movimento e ad alleggerire lo stress di una vita che abbiamo costruito inconsapevolmente su ritmi disumani e accettando regole che ci portano sempre più lontano dalla natura. I parchi giochi nei giardini pubblici sono gli unici luoghi in cui tanti bambini di città possono sfogare l'energia, incontrare altri bambini, fare esercizio di osservazione di quel che avviene in natura. Una panchina tra i fiori porta serenità agli anziani distogliendoli dai crucci dell'età e invita alla socialità chi è solo. Se ne parla da molto tempo, il lockdown ha fatto toccare con mano la veridicità dell'assunto.
Lunedì 4 maggio, con il segnale potente della primavera all'apoteosi della sua esuberanza, ha rappresentato per molti italiani un giorno catartico, non solo di riappropriazione del proprio tempo, ma anche di prove pratiche di scelte di vita rinnovate. Sono piccoli semi di un futuro che si annuncia sin da ora diverso, con il piacere di farsi consolare dal verde e dalla magia del giardino e che colma il deficit di natura della nostra civiltà.
“Ma c'è anche chi è stato investito dall'ansia al pensiero di dover riprendere i propri ritmi nel mondo - avverte la paesaggista Monica Botta, specializzata in healing gardens – e si chiama sindrome della capanna o del prigioniero”. Aver riguadagnato confidenza con la casa, con i momenti tutti per sé e aver provato un senso di protezione e sicurezza per alcuni rende difficile il ritorno nel mondo di fuori, percepito come insidioso. O, peggio, inadeguato alle personali necessità che negli ultimi due mesi di tempo sospeso abbiamo avuto modo di mettere a fuoco. Ci vorranno i giardini per “rieducare” i colpiti da questa sindrome perché possano accettare, nell'abbraccio del verde, la realtà per quello che è. Studi scientifici internazionali affermano che bastano venti minuti di immersione nel verde per ritrovare l'equilibrio e percepire uno stato di benessere e di quiete. I giapponesi, fautori del “bagno in foresta” (shinrin-yoku) ne parlano da molto più tempo. Nei giorni del coronavirus Monica Botta ha messo a punto con il professor Stefano Campolongo, docente di Urban Health e Hospital Design del Politecnico di Milano un test con 32 domande a cui, chi decide di collaborare come semplice cittadino (con altre domande, se operatore sanitario) deve rispondere prima di immergersi nella natura per almeno venti muniti e poi di nuovo al termine dell'esperienza di fruizione del verde. I dati di questa ricerca, intitolata “Pillole di natura ai tempi della pandemia” verranno pubblicati prossimamente, ma la paesaggista dice di attendersi i risultati che già si conoscono nella letteratura scientifica degli ultimi trent'anni. Ovvero: il mondo del giardino e delle piante ci cura dal male di vivere, ci restituisce l'equilibrio psicofisico, rafforza il nostro sistema immunitario, ci solleva dalle paure ingiustificate come da quelle giustificate.
L'assedio di un virus invisibile ma capace di uccidere provoca una paura giustificata e rappresenta un nemico reale, ma per difenderci da questa paura la medicina è più semplice e più efficiente di quanto la maggior parte degli italiani abbiano mai immaginato: andare per giardini, calpestare un prato, annusare un fiore, cogliere il senso di un'architettura verde. Credo che sin da questa settimana, alla riapertura di tanti pregevoli giardini del circuito di Grandi Giardini Italiani, si potrà cogliere nei visitatori una nuova consapevolezza e una più intensa fruizione di ciò che si offre al loro sguardo. Ma, a dar credito a quanto afferma la paesaggista Botta, lungo la penisola il fenomeno assumerà proporzioni del tutto nuove nei prossimi mesi, quando una passeggiata in un grande parco o un week end costruito attorno ad un luogo di grandi giardini storici aperti alla visita diventerà la cura per un'estate che si annuncia poco vacanziera e piuttosto complicata da vivere nelle località turistiche canoniche. I giardini silenziosi, mai soggetti ad assalti di massa, le loro atmosfere serene, le sollecitazioni cromatiche, la convivenza colta di storia, arte e natura saranno medicina e conforto per questa Italia che si sta dotando di strumenti nuovi per uscire da una pandemia troppo simile a una guerra.
Mimma Pallavicini
Lunedì 4 maggio, con il segnale potente della primavera all'apoteosi della sua esuberanza, ha rappresentato per molti italiani un giorno catartico, non solo di riappropriazione del proprio tempo, ma anche di prove pratiche di scelte di vita rinnovate. Sono piccoli semi di un futuro che si annuncia sin da ora diverso, con il piacere di farsi consolare dal verde e dalla magia del giardino e che colma il deficit di natura della nostra civiltà.
“Ma c'è anche chi è stato investito dall'ansia al pensiero di dover riprendere i propri ritmi nel mondo - avverte la paesaggista Monica Botta, specializzata in healing gardens – e si chiama sindrome della capanna o del prigioniero”. Aver riguadagnato confidenza con la casa, con i momenti tutti per sé e aver provato un senso di protezione e sicurezza per alcuni rende difficile il ritorno nel mondo di fuori, percepito come insidioso. O, peggio, inadeguato alle personali necessità che negli ultimi due mesi di tempo sospeso abbiamo avuto modo di mettere a fuoco. Ci vorranno i giardini per “rieducare” i colpiti da questa sindrome perché possano accettare, nell'abbraccio del verde, la realtà per quello che è. Studi scientifici internazionali affermano che bastano venti minuti di immersione nel verde per ritrovare l'equilibrio e percepire uno stato di benessere e di quiete. I giapponesi, fautori del “bagno in foresta” (shinrin-yoku) ne parlano da molto più tempo. Nei giorni del coronavirus Monica Botta ha messo a punto con il professor Stefano Campolongo, docente di Urban Health e Hospital Design del Politecnico di Milano un test con 32 domande a cui, chi decide di collaborare come semplice cittadino (con altre domande, se operatore sanitario) deve rispondere prima di immergersi nella natura per almeno venti muniti e poi di nuovo al termine dell'esperienza di fruizione del verde. I dati di questa ricerca, intitolata “Pillole di natura ai tempi della pandemia” verranno pubblicati prossimamente, ma la paesaggista dice di attendersi i risultati che già si conoscono nella letteratura scientifica degli ultimi trent'anni. Ovvero: il mondo del giardino e delle piante ci cura dal male di vivere, ci restituisce l'equilibrio psicofisico, rafforza il nostro sistema immunitario, ci solleva dalle paure ingiustificate come da quelle giustificate.
L'assedio di un virus invisibile ma capace di uccidere provoca una paura giustificata e rappresenta un nemico reale, ma per difenderci da questa paura la medicina è più semplice e più efficiente di quanto la maggior parte degli italiani abbiano mai immaginato: andare per giardini, calpestare un prato, annusare un fiore, cogliere il senso di un'architettura verde. Credo che sin da questa settimana, alla riapertura di tanti pregevoli giardini del circuito di Grandi Giardini Italiani, si potrà cogliere nei visitatori una nuova consapevolezza e una più intensa fruizione di ciò che si offre al loro sguardo. Ma, a dar credito a quanto afferma la paesaggista Botta, lungo la penisola il fenomeno assumerà proporzioni del tutto nuove nei prossimi mesi, quando una passeggiata in un grande parco o un week end costruito attorno ad un luogo di grandi giardini storici aperti alla visita diventerà la cura per un'estate che si annuncia poco vacanziera e piuttosto complicata da vivere nelle località turistiche canoniche. I giardini silenziosi, mai soggetti ad assalti di massa, le loro atmosfere serene, le sollecitazioni cromatiche, la convivenza colta di storia, arte e natura saranno medicina e conforto per questa Italia che si sta dotando di strumenti nuovi per uscire da una pandemia troppo simile a una guerra.
Mimma Pallavicini
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Ogni tramonto è un'opportunità per fare reset- Richie Norton - |
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